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#Venezia79: i film in concorso, le speranze, le aspettative

di il 30/08/2022
 

The Son, Florian Zeller: Zeller è un drammaturgo e regista teatrale di successo, qualche anno fa, con il suo film d’esordio “The Father” ha mostrato una indiscutibile padronanza dello specifico filmico. “The Father” descriveva la condizione della demenza senile con grande acume, girato come un thriller, disorientante, angosciante, ma con un impianto ben solido ed un certo rigore stilistico. Anche questo “The Son”, come il precedente, contiene elementi autobiografici, in questo caso si parla di un genitore alle prese con un figlio adolescente profondamente destabilizzato, e del rapporto difficoltoso tra i due.

Aspettative: Alte

 

The Whale, Darren Aronowsky: Regista brillante e discontinuo, il suo film d’esordio “Pigreco il teorema del delirio” era un’opera impressionante, “Requiem for a Dream” fu un film già più polarizzante, ma comunque notevole. Poi arrivarono “The Fountain”, l’irritante e patinato “Cigno nero”, l’ottimo “The Wrestler” (Il suo film meno visionario ma forse anche il più sincero), e la follia di “Mother!” film che sfocia in un tale delirio allucinante da lasciar interdetti, ma non per questo da condannare, anzi. In questa sua nuova opera troviamo un redivivo Brendan Fraser nei panni di un uomo finito alla deriva: dopo la morte del compagno, trova rifugio sviluppando un disturbo alimentare, e cerca con fatica di ricongiungersi con la figlia.

Aspettative: Farà parlare di sé, speriamo in bene

 

Blonde, Andrew Dominik: Anche nel caso di Dominik, il suo indiscutibile capolavoro fu il suo film d’esordio, “Chopper” con un grandissimo Eric Bana protagonista. In seguito diresse “The Assassination of Jesse James by The Coward Robert Ford” western contemplativo molto particolare ed originale: in quella circostanza dovette battersi duramente per lasciare i tempi dilatati, mentre lo studio spingeva verso una versione più ricca di azione. Il risultato è un compromesso che riesce comunque a trasmettere l’intento originario del regista. La collaborazione con Brad Pitt continua in “Cogan: Killing Them Softly” (non visto), per poi cimentarsi in un (l’ennesimo) documentario dedicato a Nick Cave. L’interesse attorno a questo suo nuovo progetto, un adattamento del romanzo di Joyce Carol Oates su Marilyn Monroe, è molto alto. Non credo sarà uno dei miei favoriti, da quel poco che ho visto, trovo Ana da Armas, nei lineamenti e nella recitazione, completamente sbagliata come attrice. Dovrà reggere il pesante confronto con la bravissima Michelle Williams, che interpretò Marilyn nel film di Curtis nel 2011.

Aspettative: Medio-Basse

White Noise, Noah Baumbach: tolto il preziosissimo documentario su Brian De Palma, non sono un fan della produzione di questo regista, la sua piatta retorica fatta di carrellate di gente che corre, intermezzi jazz, dialoghi frizzanti ma anche -ah ah ah- così cinicamente brillanti. Quell’ironia dal piglio sofisticato, ma incapace di prendersi gioco di se stessa, come avviene invece nei film del suo grande ispiratore, Woody Allen. Ed è proprio questo che rende uno dei due registi un grande autore, l’altro un fighetto ossessionato con New York e gli insignificanti drammi esistenziali di individui estremamente banali (vedi Frances Ha). Con “Marriage Story” ha alzato l’asticella, dimostrando una notevole maturità, ma ci sono ancora troppi dettagli che lasciano intuire una personalità sgradevole. Se il nuovo film avrà il coraggio di ammettere una certa volgarità poetica, sarà sicuramente un passo avanti. Per finire aggiungiamo che il film è tratto da un libro di don de Lillo, osannatissimo scrittore postmoderno avanguardista che va fortissimo a Hollywood (Cronenberg, da un suo libro, ci ha tirato fuori pure un film discreto) da alcuni sedicenti esegeti addirittura accostato (sigh) a David Foster Wallace.

Aspettative: Basse, ma va forte con le giurie e piace agli aspiranti clarinettisti di NY

 

Bones and All, Luca Guadagnino: L’immarcescibile Guadagnino ripesca il suo novello attore feticcio Chamelet, per dirigere un road movie scoppiettante e brioso. Curiosa, certo, la sua dichiarazione: “mi sono rispecchiato immediatamente con questi personaggi che sono emarginati, lontani dalla società” Suona perlomeno bislacca, detta da un autore che è divenuto celebre proprio grazie alle rappresentazioni della borghesia progressista e dell’alta società, perlopiù con occhio benevolo e condiscendente, raramente sferzante o critico. Personalmente, non nutro grandi speranze.

Aspettative: Basse

Bardo, Falsa cronica de unas cuantas verdades, Alejandro G. Iñárritu: Il cinema di Inarritu è sempre interessante e visivamente accattivante, l’impressione però è che stavolta ci si trovi di fronte ad un racconto un po’ troppo erratico e disorientante. Di buono c’è che nel cast non ci sono elementi hollywoodiani di spicco, e questo potrebbe avere dato al nostro la possibilità di fare qualcosa di più personale. Di contro, la sinossi che descrive un ritorno alla terra natia di un documentarista di successo, con tutti i cliché emotivo/simbolici annessi e connessi, preoccupa un pochino. Ogni regista prima o tardi, giunge al momento del film che narra del ritorno alle origini, elegiaco ed esistenziale, raramente i risultati sono degni di nota, speriamo non sia questo il caso.

Aspettative: Medie

A poster of two men standing by a sea shore with a dog lying between them. The tagline reads, "Everything was fine yesterday."

The Banshees of Inisherin,  Martin McDonagh: Mi piacerebbe molto che questo film vincesse qualche premio importante, il cinema di McDonagh è ricco di inventiva, di umorismo, privo di fronzoli, ed è uno dei miei autori favoriti tra quelli in concorso: “In Bruges” era una piccola perla, e “7 Psicopatici” un film estremamente ben orchestrato e divertente. Questo film ritrova inoltre i due protagonisti del film d’esordio: Brendan Gleeson e Colin Farrel.

Aspettative: Alte

Il signore delle formiche, Gianni Amelio: La vicenda di cronaca narrata, il caso Braibanti, ha come protagonista un intellettuale, poeta, sceneggiatore e drammaturgo. Subì, primo ed unico nella storia giudiziaria italiana, la condanna per plagio, con l’accusa assurda ed infondata di aver corrotto un giovane (suo compagno, maggiorenne, con cui conviveva). Fu un processo politico che si risolse in una condanna a 9 anni. È il tipo di film in cui un regista come Gianni Amelio, che possiede una buona dimestichezza nel trattare tematiche storiche delicate e controverse, può esprimere al meglio la sua sensibilità. Con Luigi Lo Cascio ed Elio Germano

Aspettative: Medie

Finirò con un semplice elenco, non perché i titoli rimanenti siano di minore importanza, ma semplicemente perché l’articolo si sta allungando oltremodo, il festival è alle porte, e se questo pezzo non lo pubblico oggi, non avrà più senso.

  • Saint Omer, Alice Diop: la cui opera è già stata analizzata in un articolo precedente.
  • Tàr, Todd Field
  • The Eternal Daughter, Joanna Hogg
  • Un Couple, Frederick Wiseman
  • All The Beauty and The Bloodshed, Laura Poitras
  • Les Miens, Roschdy Zem
  • Les Enfants Des Autres, Rebecca Zlotowski
  • Monica, Andrea Pallaoro
  • Chiara, SUsanna Nicchiarelli
  • Shab,Dakheli, Divar (Beyond the Wall), Vahid Jalilvand
  • Argentina 1985, Santiago Mitre
  • Athena, Romain Gavras
  • Love Life, Koji Fukada
  • L’immensità, Emanuele Crialese
  • Kehrs Nist (No Bears), Jafar Panahi
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