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#FEFF25 – In rimembranza del Far East Film Festival di Udine 2023 – parte 1

di il 06/03/2024
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THE SUNNY SIDE OF THE STREET di Lau Kok-rui
Il Gran Torino Hong Kongese, con Antony Wong al posto di Clint Eastwood, i pakistani al posto dei cinesi e la (non certo piccola) differenza di funzionare molto meno.
Uno svolgimento di trama piatto e forzato fa scivolare rapidamente le immagini fuori dal cervello, lasciando sulle spalle della superstar protagonista l’impossibile riuscita del film

REBOUND di Chang Hang-jun
Una volta toccato il fondo, si può rimanere lì a raschiarlo, oppure sfruttare la forza che ci ha spinto a terra per rimbalzare sopra la superficie. Questo è il semplice insegnamento dell’allenatore Yang, nel cui spirito albergano due forze: una fervente passione per il gioco del basket e una luminosa aurea di sfiga. La scalcagnata squadra del liceo Jungang ci accompagna con leggerezza in una storia di formazione che ricalca i teen movie americani sullo sport in modo divertente e mai ridondante.
Un bel canestro di questo Far East FIlm Festival, consigliato!

 

Una bellissima supereroina a metà tra dea ed essere umano al udine FAR EAST FILM festival? No, per una volta non è la Nostra Sabri-Love, è la protagonista del divertente e tenero Sri Asih, il cinecomic indonesiano vietatissimo ai maggiori di 14 anni

 

Dopo aver visto WHERE THE WIND BLOWS di Philip Yung, rimane la sensazione di aver assistito ad una ventina di corti di 5 minuti l’uno, tutti piuttosto sconnessi uno dall’altro. Il risultato è il film più soporifero del weekend, con l’aggravante del montaggio serrato, stile videoclip.
Immagino fossero invece scenette fortemente connesse nella testa del regista perché cercano di chiudere, dilatandola e annacquandola all’inverosimile, una storia che poteva essere raccontata in 10 minuti, dimostrando se non altro una pesante povertà di idee.
Impossibile tenere gli occhi aperti in sala.

SHE IS ME, I AM HER di Mayu Nakamura
Un’attrice si fa in quattro per raccontarci la sindrome di astinenza da relazioni umane in tempo di pandemia. Più che un lungometraggio, è un collage di quattro corti, di cui solo il primo rientra nel piano originario della regista. Il risultato finale di questo assemblaggio lascia in bocca il sapore di un esercizio di stile, più che dell’urgenza di una narrazione.
La protagonista svolge il compito con decoro, ma l’avanzare del minutaggio va di pari passo con lo scemare delle idee.

Una visione finale grigia che lascia lo spettatore indifferente, in questa prima parte del diario da Udine.

To be continued…

 

 

 

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