Il lusso di potersi esprimere senza nascondersi, un approfondimento su Athina Rachel Tsangari, in concorso a #Venezia81 con #Harvest
E’ come se, ad un certo punto del proprio percorso artistico, ci si sentisse sicuri a tal punto da non provare più l’esigenza di nascondersi dietro ad alfabeti cinematografici fatti di ferro e cemento, scudi ampiamente dimostrati solidi, senza più paura di esprimersi liberamente.
Credo sia un passaggio tipico dei registi alle prime armi, prima di dimostrare di che pasta son fatti. E’ un po’ come da adolescenti, quando si sbeffeggiavano gli amichetti che ascoltavano U2, Spandau Ballet, Duran Duran, il Festivalbar, Vasco Rossi o Raf, sputandogli addosso certezze granitiche come Sonic Youth, PJ Harvey, Einsturzende Neubauten, Massimo Volume o CPPP, coscienti del fatto che nessuno avrebbe avuto il coraggio ribattere. La popolarità, che sia nel giro di amici o nel giro dei registi, conta. Si arriva solo molto dopo a maturare l’idea che l’urgenza infantile di umiliare gli altri per la loro ignoranza cozza con la goduria di un mondo in continua evoluzione, in divenire, in cui la diversità può essere ricchezza esattamente quanto l’omologazione. Capendo che sono le due facce della stessa medaglia.
Oggi, l’omologazione nella settima arte, diciamo la musica Trap del cinema, è rappresentata dai blockbuster americani, mica dal genietto giapponese con mastice e ferri vecchi da piantare nel corpo degli attori. Ciononostante, se un regista riesce a colpire positivamente milioni di persone con un film di elevata qualità artistica e facilmente fruibile trasversalmente ai più, non ha forse un merito maggiore rispetto a quello che si rifugia nell’approvazione dell’élite indie-punk, sempre e comunque in controtendenza rispetto al popolo bue che fa i grandi numeri?
Attenberg (2010) | |
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Rating: 6.2/10 (7,846 votes) Director: Athina Rachel Tsangari Writer: Athina Rachel Tsangari Stars: Ariane Labed, Vangelis Mourikis, Evangelia Randou Runtime: 97 min Rated: Not Rated Genre: Comedy, Drama, Romance Released: 09 Dec 2010 |
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Plot: Stuck in her boring factory town, twenty-three-year-old Marina is at the mercy of both her father's impending death and her distaste for other humans. |
Athina Rachel Tsangari ha all’attivo due film, il primo, vittima dell’insicurezza è un esempio palese di quanto appena scritto. Silenzi, inquadrature immobili di paesaggi/oggetti che ci circondano e su cui difficilmente si sofferma lo sguardo. Colori spenti, filtri drammatici e sbiaditi. In sintesi, tutto il kit di sopravvivenza per resistere allo sbeffeggiamento durante le cene di gala nel mondo dello spettacolo. E’ andata sul sicuro. Mai con questo kit si riuscirà a confezionare un capolavoro, ma almeno si ha la certezza di salvare la faccia.
Attemberg del 2010, già presentato a Venezia, è figlio dell’ultima (in ordine cronologico), oramai spenta, impennata cinematografia greca, dalla quale si è salvato solo Lanthimos. Dieci-quindici anni fa la Grecia sembrava l’Italia cinematografica degli anni 60, cioè l’ultimo periodo di splendore creativo prima della decadenza a tutto tondo (escluse forse cucina e moda?) dello Stivale.
Tolto il velo stilistico artificiale e forzato, si nota non con poca sorpresa che il film ha davvero qualcosa sotto. Non sono la solita manciata di minuti di vita buttati, c’è un’anima aggressiva, urlata e tremendamente infantile che scalcia dietro la cinepresa. E’ come se il film fosse stato girato da un neonato durante una crisi di pianto per la fame o per le coliche. La regista rovista tra le sue turbe puberali, e tira fuori tutto l’odio per il cazzo, la nudità e i liquami, annusa le puzze e i profumi dell’essere umano. Il bacio diventa rivoltante scambio di viscidume batterico, l’odore dello sperma, le pance gonfie e flaccide delle donne in piscina, il trucco vistoso sulla faccia sudata, le tette sempre troppo piccole o troppo grandi, l’immagine del padre nudo che disgusta ma torna sistematicamente. Gli organi genitali dei conoscenti che esistono ma allo stesso tempo non si vorrebbe esistessero, il bastone pneumatico che si muove schifosamente umido all’interno delle labbra uterine. Più scrivo e più viene il voltastomaco anche me, evidentemente qualcuno doveva parlarne. Se c’è un’idea, una psicosi o un taglio sulla realtà che penetra in profondità allora c’è un film.
Attemberg è quindi un’opera prima promettente ma schiava di un conformismo estetico che in parte ne compromette il risultato. E’ la regista bambina a mostrarsi sullo schermo, costretta dalla morale, per evitare (immagino) lo scandalo pedo-pornografico, a mostrare a video un’attrice ventenne. I suoi pensieri infantili, i giochetti scemi con l’amica e con il padre, le paure. Il film mostra le lucide ragioni di una ragazzina che si affaccia per la prima volta al mondo degli adulti, della sessualità e della morte, un mondo nuovo che si mescola con le sicurezze, le frivolezze e la rigidità dell’infanzia. La trama finisce con la perdita definitiva (e mai senza rimpianti) della fanciullezza. E’ un momento di passaggio, quello in cui esistono contemporaneamente i due mondi integrati, che son sicuro ricordano tutti, anche quelli che provano a cancellarlo.
E’ uno scandalo mostrare al cinema i pensieri e le azioni non stereotipate, intime, di ogni ragazzina introspettiva delle scuole medie? Sicuramente si, ma se ci si approccia alla visione con questa consapevolezza allora non solo si capiranno facilmente il messaggio a tutto tondo della pellicola, le scene a prima vista incompressibili e i vari balletti, ma anche tutte le angosce che vengono messe sul piatto, elevando l’opera da mero esercizio di stile a contributo certamente pavido ma anche onesto, intimo, profondo e puro.
Chevalier (2015) | |
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Rating: 6.2/10 (5,024 votes) Director: Athina Rachel Tsangari Writer: Efthimis Filippou, Athina Rachel Tsangari Stars: Vangelis Mourikis, Nikos Orfanos, Yorgos Pirpassopoulos Runtime: 105 min Rated: Unrated Genre: Comedy, Drama Released: 26 Nov 2015 |
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Plot: A fishing trip in the Aegean Sea among a sextet of friends becomes the perfect setting for a relentless contest of male dominance. Everything can spark a fierce competition; but, only one can wear the precious chevalier. Who will ... |
Il secondo film della regista, molto più maturo, furbo e colto, non indugia su sé stesso quanto il primo. Fa notare la firma dell’autrice senza urlarla. In Chevalier (2015) rimangono le piccole ossessioni già viste nel suo primo film, come il grigiore, la solitudine, gli spazi vuoti o mal riempiti e le convenzioni come ruote eterne che tengono le redini sulla vita e mai viceversa. Parla delle relazioni tra persone, tanto importanti quanto arrendevolmente sbagliate. Continua anche coi giochi infantili, come quello che dà il titolo al film, non più a fare da sfondo come in Attemberg ma vero protagonista. Rimane soprattutto l’idea di far recitare parti infantili agli adulti. E’ sicuramente quest’ultimo tratto a meglio definire il suo cinema.
Per arrivare al suo messaggio, sfrutta l’innata competitività maschile in ogni ambito, anche nel più frivolo. Fa sfidare le sue pedine in una gara che proclamerà “l’uomo migliore” all’interno del gruppo di amici in viaggio in barca a vela. Così si giudica chi ha il pene più lungo, chi sa montare prima un mobile Ikea, chi ha il colesterolo più basso, chi ha la suoneria del cellulare meno ovvia. Ogni minuto della giornata diventa ossessivamente rivolto a spiccare sugli altri, in un vortice di folla grottesca, divertente e mai strabordante.
Durante lo scorrere dei titoli di coda, resta l’amaro in bocca per aver ri-vissuto brillantemente la deprimente decadenza del genere umano.
Athina Rachel Tsangari è in concorso alla La 81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dopo nove anni dal suo precedente lungometraggio, con Harvest.
Per Harvest confermerei il 2, una povertà impressionante di idee e di mezzi. La regista mi ha fatto pena. Un film completamente vuoto.
Uso il condizionale perché il voto giusto è 1 vista l’aggravante delle quasi due ore e mezza di durata