Esci dalla sala ed il cervello rutta un’idea. Scariche elettriche sinaptiche, mica pensieri, probabilmente utili solo alla manutenzione fisiologica dei neuroni. Capita a tutti e non se ne può fare a meno.
In attesa dei racconti completi ecco i giudizi di prima istanza da Torino:
- Tokyo Tribes di Sion Sono: fracasso e velocità a 360 gradi fanno il giro della morte tornando alla noia.
- Il fantasma del palcoscenico di Brian De Palma: gli bastano 5 minuti di titoli di testa per superare inesorabilmente Tokyo Tribes. Un capolavoro di originalità, ritmo e colore.
- Chrieg di Simon Jaquemet. adolescenza, anarchia e violenza sui monti della Svizzera, ci sono anche le caprette ma non è Heidi.
- Fase IV di S. Bass: se nel ’74 ci fossero stati i Ciccioni di Internet, con queste formiche assassine avrebbero avuto pane per i loro denti. Una fantascienza non facile da tenere lontano dal trash, consigliato.
- La conversazione di F.F. Coppola: il gusto retrò di stravolgere tutto con un finale inaspettato, intelligente e coerente. Astenersi Ciccioni di Internet e le loro speculazioni online.
- The immortal sergeant di Z. Kalthoum: riprese insistite di piedi, guerra e dittatura. Il regista usa la mdp al posto della pistola. Onesto ma scontato.
- The better angels di A. Edwards: Malick incontra “La casa nella prateria” raccontando una quotidianità rurale di nessun interesse.
- Eau zoo di E. Verhamme: insolente anche solo la lontana citazione al capolavoro The Wicker Man. Frammentato, superficiale e immaturo. Secondo la regista chi non lo apprezza è perchè non ha la mente abbastanza aperta.
- ’71 di Y. Demange: un militare che fugge per sopravvivere ad una tempesta politica. Survival thriller mai noioso, dall’ottimo ritmo e dalla tensione sempre accesa. Consigliato.
- Korso di A. Tuomivaara: anche i ragazzi della periferia finlandese sognano. Ma, alla fine, chissenefrega.
- Mulberry st di J. Mickle: Topi infetti, uomini topo cannibali in costumi economici, gente che scappa ed un paio che sopravvivono. Banale, ma il regista sembra crederci, e si prende sul serio.
- It follows di D. R. Mitchell: horror con ovvio intento di scoraggiare La sessualità tra teenager. Il fastidio di una presenza demoniaca che segue lentamente, non stupidamente ed inesorabilmente. L’idea c’è ed il film funziona. Consigliato.
- Violet di B. Devos: ennesimo film de e con regazzini al Torino Film Festival. Pare il Giffoni senza il moige. Ma a volte pure con quello. Basta!
- Branco sai preto fica, di A. Queiros: Docu-fiction, denuncia, musica e disabilità nel Brasile dei neri vs. bianchi. Incomprensibile ma gustoso.
- Wir Waren Konige di P. Leinemann: sbirri crucchi che sembran ragionieri contro una mala di sfigati. Anche qui a far danni è un ragazzino.
- Life after Beth di J. Baena: lei muore, lui piange, lei risorge, lui ride. Poi piangeranno entrambi ma il pubblico se la spassa. Godereccio.
- We are whate we are di J. Mickle: Tutte le pecorelle esultanti! Thriller animalista nel Giorno dell’Agnello che sbaglia il tono di un final pur bello.
- Historia del Miedo di B. Naishtat: L’eterno tema della società (global)polarizzata che produce povertà e paura ai suoi opposti. Ben giocato.
- Abacuc di L. Ferri: In super8 b/n, un ciccione della vita reale si aggira tra cimiteri e voci fuoricampo sintetiche. A suo modo, uno spasso.
- Stella cadente di L. Minarro: Storia Amedeo, re salito al trono quando era il momento di scendervi, o della decadenza vissuta con brio.
- Duke of burgundy di Peter Strickland: l’ho presa l’ho presa la Vispa Teresa? Anatomia di un rapporto amoroso. Lesbo e sadomaso per caso. Anche il cinema e la sua finzione. Bello.
- Cold in july di J. Mickle: Un corniciaio cade in un inferno di sangue e ammazzi. Stavolta Mickle non sbaglia un colpo. Thriller teso e dolente. Il migliore del mio 32 Torino Film Festival 2014.
- Mr Kaplan di Álvaro Brechner: Un Chisciotte ebreo e un Sancho uruguayano condividono sogni e indagini sulle tracce di un criminale nazista. Commedia&dramma con triello finale. Godibile.