Nei vaporetti di Venezia il controllore non c’è praticamente mai, in tanti anni l’ho però visto sistematicamente sulla linea dedicata/diretta alla Mostra del Cinema. Il tempo passa ma la mentalità italiana è sempre la stessa – e non c’è settentrione o meridione che tenga – : si succhia quando c’è da succhiare e dove non rompe i coglioni a nessuno (il turista/cliente a Venezia non ha mai ragione), poi – per tutto il resto dello spazio/tempo – c’è fin troppa pancia da potersi grattare.
Passando ai film, oggi è il giorno di Black Mass di Scott Cooper o, meglio, della sfilata di J. Depp sul tappeto rosso. Il film è un gangster-movie loffio, ritrito, robusto e ben recitato che viene schiacciato da una tradizione americana ben più alta. Gli anni scivolano via, le tecniche si evolvono ma Francis Ford Coppola rimane ancora imbattibile. Diciamo che la Mostra ha bisogno della popolarità dei film come Everest e Black Mass per poter far godere al pubblico gioielli altrimenti invisibili come Francofonia o Underground Fragrance. Ciononostante, pur consci, nel pomeriggio si son visti alcuni giovani facinorosi protestare con magliette inneggianti a capolavori del passato.
Grande folla di fan per il divo protagonista che, dal vivo, sembra un adorabile tossico. Si registra uno scontro tra un gruppo di sedicenni urlanti all’inseguimento di J. Depp ed il fragile corpo di un vecchio giornalista veneziano, fortunatamente, contro ogni aspettativa, questa volta, vestito.
Equals di Drake Doremus, nel quale c’ha messo dù spicci pure Ridley Scott.
Apoteosi di contrasti e rallenty per questo acquerello sfocato. Un film di fantascienza in cui due eroi romantici devono sopravvivere in un mondo dove l’obbligo per tutti gli altri è sopire le emozioni, dove il potere è la ragionevolezza violenta ed il peccato è l’intrinseca innata fallacità dell’essere umano. Uno sgradevole quanto inatteso Romeo e Giulietta elettronico e cibernetico con un finale semi-aperto da romanzo rosa. Sembrerebbe solo un quadro ingenuo del dramma del quotidiano moderno ma, come insegna il tanaka: “c’è più sottotesto in un film prodotto da R. Scott imbottito di alcol che riso in Cina“. Cacata di sottotesto non indifferente. Ovviamente.
Come in ogni pellicola del vecchio Ridley, anche in Equals c’è la malvagità di fondo del genere umano, la difficoltà di confrontarsi con la natura ostile, un mondo che non ci capisce per quel che siamo. Tutti messaggi profondi di ‘sto tipo…
Ho vissuto quel sottotesto profondamente durante la visione, amandolo. Perché so che, anche quando vien da pensare altro, anche se il film sembra una merda, in realtà è tutto gioco per il sottotesto.
Chiudo la giornata con un film proveniente dalla Grande Madre Patria Russia (al kuor non si comanda): Sobytie (the event) di Sergei Loznitsa.
Materiale scolastico in cui non vedo nulla per giustificarne la presenza in una Mostra D’Arte. Per di più visto dopo Winter on fire che, cinematograficamente, lo surclassa trattando praticamente lo stesso argomento. Un gioiellino, immagino, solo per gli appassionati dell’Istituto Luce.
Un documentario con la camicia dentro ai pantaloni, in 4:3, bianco e nero, russo, completamente incapace di raccogliere attenzione e solleticare interesse, alle 22, dopo 60 ore consecutive di festa e innumerevoli bibite. Ho resistito in sala mezz’ora, e mentre esco mi chiedo: dov’è la mia cazzo di medaglia?
Continua…