Esci dalla sala ed il cervello rutta un’idea. Scariche elettriche sinaptiche involontarie, mica pensieri, probabilmente utili solo alla manutenzione fisiologica dei neuroni. Capita a tutti e non se ne può fare a meno.
Ecco i giudizi di prima istanza liberati dai cricchettari:
- Real oni gokko tag, Sion Sono: Un regista condannato alla sua immagine esagerata e fragile abbandona l’ennesimo film originale, surreale e vuoto. Puro fan-service. Mestiere
- The Final Girls, Strauss-Schulson: Il film dietro lo schermo per lo spettatore davanti allo schermo
- The Final Girls, Strauss-Schulson: Il film dietro lo schermo per lo spettatore davanti allo schermo. Omaggio/parodia del circo horror anni ottanta fatto di bulli, pupe, mostri e copulate veloci. Sfiora la metacinematografia. Ingiudicabile
- Cemetery of Splendour, Apichatpong Weerasethakul: Nella noia della campagna sud est asiatica arrivano un manipolo di soldati addormentarti a ravviare il clima. E se dei soldati addormentati sono il massimo del brio, buona dormita a tutti. Un film sul sonno per il sonno. Qualche bizzarria da film culto, come la lunga leccata della ferita batterica, la crema allo sperma e la copiosa defecazione in primo piano, non possono salvare una pellicola che va promossa solo come terapia mio-rilassante per polpacci energumeni ipertonici. Due ore infinite. Consigliato
- Shinjuku Swan, Sion Sono: troppo lungo e troppe scazzottate tutte uguali ma, finalmente, la tipica stravaganza estetica del regista viene controllata ed indirizzata al servizio del film e non spiattellata fine a sè stessa a puro uso e consumo dei fan irriducibili (che hanno rotto le palle ormai coi loro urletti in prima fila).
La seconda pellicola, delle tre girate nel 2015 da Sion Sono, alza la barra in direzione di una qualità che non incontrava da troppo tempo. Film incoraggiante e consigliato. Una simbolica gomitata sulla lingua alla vecchietta di trent’anni che, dietro di me, ha detto, con fare di “chi ne sa”, al vicino di pari ignoranza: “Il regista Sono Sion è il Tarantino giapponese” - Li wen at east lake, Luo Li: Tra documentario e noir, un “Pasticciaccio” in tono minore
- Mountain, Yaelle Kayam: Anamnesi del film: 1) Causa: Repressione religiosa 2) Effetto: Perversione 3) Risultato: Morte. Interessante, un film che sembra vecchio ed invece pian piano si fa nuovo. Anche se, c’è da dire che – per quanto sia bello – il “non detto” qui viene usato per coprire la mancanza di grandi idee e talento
- Phantom boy, Felicioli/Gagnol: Una sorta di banalizzazione del classico “Una finestra sul cortile”. Più che un cartone animato, viste le animazioni legnose, un fumetto su grande schermo. L’unico piccolo punto di interesse è il bambino supereroe malato di cancro. Sconsigliato
- Hellions, B. McDonald: Horror americaneggiante, senza trama né personaggi, che lavora di idee solo per un misero quarto d’ora finale. Rimanendo comunque nell’ambito dell’esercizio di stile. Ma da uno che si chiama McDonald cos’altro ci si può aspettare? Film sponsorizzato dalla C.E.I. per spaventare i giovani che optano per avere rapporti sessuali prematrimoniali. Si vede che ce ne deve essere almeno uno all’anno qui a Torino
- Tangerine , S. Baker: L’insostenibile violenza della gelosia transgender. Divertente e consigliato
- Dream Land, S. Chen: Questo film insegna che in Cambogia non solo c’è figa ma che anche li i ricchi piangono. Noiosissimo. Bello solo il corto che lo precede, Human mask: 20 minuti in cui una scimmia mascherata vestita da bambina vaga tentando di minare la sanità mentale dello spettatore
- Iona, S. Graham: Iona, anagramma di noia. Un semplice drammone familiare con trama alla beautiful. Lo stato dell’arte per ciò che riguarda la mediocrità nella settima arte. Sconsigliato
- The girl in the photographs, N. Simon: Un omaggio reverenziale al cinema più patinato e ricco di Wes Crawen. Non aggiunge niente e non intendeva farlo
- February, O. Perkins: Non il solito horror. Gioca bene con un’atmosfera quasi da thriller. Se fosse stato scritto con più talento e se avessero usato attori capaci ne sarebbe venuto fuori un gran bel soggetto. Ma va già bene cosi, la strada è comunque quella giusta: finiamola con con luci che si spengono all’improvviso, mascheroni grotteschi, impennate di volume, campanelli suonati da nessuno e mostri invincibili. Avanti tutta invece con suggestione, approfondimento dei personaggi e trama. Questo film ci insegna che, se adori il diavolo, perdi tutti i peli del corpo, ovunque. Ci insegna anche che se rimani incinta, prima di esseri sposata, sei destinata a restare sola: ancora la CEI che stritola il festival torinese coi suoi tentacoli d’acciaio
- Nasty Baby, S. Silva: Questo film ci insegna che i gay non possono essere dei buoni genitori perché ammazzano barboni ritardati. Film ovviamente sponsorizzato dalla CEI che, sorprendendo anche gli investitori stessi, si pone in vetta alla personale classifica di gradimento dell’intero festival. Finora il migliore. Un perfetto bilico tra genuina vita omosessuale moderna, sfottò, sangue e fastidio. Consigliato!
- Kilo Two Bravo, Paul Katis: Soldati combattono contro granate a colpi di gallows humour, per chi ama le gambe amputate.
- Love & Peace, Sion Sono: La favola di una tartarughina dolcissima che si tramuta in Godzilla: Il natale secondo Sion Sono. Si piange
- Symptoma, Angelos Frantzis: Un film fatto con generatore random di situazioni scioccanti. Lynch e Lanthimos insieme, per un irrisolto progetto di videoarte. Dedicato al nostro amatissimo pubblico greco
- Soylent Green, Richard Fleischer: Charlton Heston ed Edward G. Robinson. Poco altro
- Evolution, L. Hadzihalilovic: Donne seppia infermiere ingraviderebberono chirurgicamente innocenti ragazzetti. Inconsistente
- High Rise, Ben Wheatley: Futuro vintage apocalittico. Senza trama e con personaggi in balìa di loro stessi
- Stage Door, Gregory La Cava: Piccola perla misconosciuta che unisce le riflessioni sull’attore di “Birdman” alla brillantezza del miglior Wilder
- Moonwalkers, Antoine Bardou-Jacquet: Il finto allunaggio diretto da un manipolo di drogati, ottima chiusura di giornata
- Stinking Heaven, N. Silver: tutto ciò che non dovrebbe essere una comune, si destreggia malamente tra dissolvenze caleidoscopiche e disagio
- Lace Crater di Harrison Atkins: Una storia d’amore tra una ragazza ed un sacco di iuta paranormale, la camera indugia su dettagli inutili e va fuori fuoco ogni cinque secondi. Il film si rivela una promessa mancata
- Coup De Chaud, Raphaël Jacoulot: Il miglior film in concorso visto sinora. Un ragazzo ritardato tira fuori il marciume di una piccola comunità accaldata, e le immagini sono tutte a fuoco
- Swimmers, Kristina Paustian: Docuviaggio nel lato più insospettabile della spiritualità Russa, consigliato
- It happened here di Kevin Brownlow: Nazisti a Londra, film imperfetto e frammentato, con momenti straordinari ed ipnotici, consigliato anche per la storia. Prima ed ultima parte eccezionali
- Treasure, Corneliu Porumboiu: Due uomini con problemi economici decidono che per risolverli investire in un metaldetector e cercare un fantomatico tesoro seppellito in un giardino è l’idea più logica. Merita, decisamente
- I racconti dell’orso, di Samuele Sestieri e Olmo Amato: Filmino della gita con protagonisti un omino in calzamaglia rossa e il compare robot. Un film che confonde lo spirito infantile con l’idiozia. Belli i paesaggi
- Just Jim, Craig Roberts: Commedia dai toni indecisi che parte bene ma nella seconda parte rovina penosamente le impressioni iniziali
- A Morning Light, Ian Clark: Inquietudine dell’insondabile, l’intento è apprezzabile, i risultati meno
- Sergej Iosifovič Paradžanov traduce per immagini la sensibilità lirica dell’opera del poeta armeno Sayat Nova. Le scene si susseguono come quadri, un teatro di allegorie mistiche e distanti, che ipnotizza ed affascina
Al prossimo anno!