(A cura di Sgarbella)
Non commento, per pudore, i premi assegnati dalla giuria popolare. Noi pecorelle cinefile siamo aristocratiche e la democrazia, come il suffragio universale, l’abbiamo sempre guardata come un fenomeno istituito da persone molto poco nobili per assicurarsi consenso e potere.
Il fantascientifico drammatico giocattolone Sori: Voice From The Heart di Lee Ho-jae, che si è aggiudicato il secondo posto, per quanto gradevole, è ben lontano dall’essere memorabile. Non tanto per la strampalata e improbabile amicizia tra un padre che vuole ritrovare la figlia scomparsa e un’intelligenza artificiale che si ribella al proprio ruolo di spia satellitare ma, al contrario, per avere convogliato l’eccentricità della trama su strade già e meglio battute da altri, primo fa tutti Spielberg con E.T., di cui riproduce in monocromia la relazione affettiva tra essere umano e ‘l’altro’, ma anche da Stephen Chow, con il suo clone hongkonghese CJ7, e Guerre Stellari al quale sottrae il ‘volto’ meccanico di C1-P8.
Un’opera che avrebbe sicuramente meritato un riconoscimento è, invece, Heart Attack del regista thailandese Nawapol Thamrongrattanarit. Film piccolo, da camera, quasi, sulla relazione amorosa, forse unilaterale, tra un grafico libero professionista e la sua dermatologa. Il ‘forse’ è dato dal fatto che il racconto si svolge tutto dal punto di vista del protagonista maschile, col quale condividiamo pensieri e azioni. La giovane dottoressa, di cui ci innamoriamo, resta esterna e non sappiamo di lei niente di più di quanto sappia il giovane. La scrittura è molto fresca e coinvolgente. Nonostante il lungo minutaggio (che poteva comunque essere ridotto) il film corre e non annoia mai. Il regista è un ritrattista che sfugge sia la maniera sia l’astrattismo di molte commedie giapponesi e penetra, con delicata precisione, nell’anima dei personaggi che, come nel mondo reale, hanno la loro straordinarietà proprio nella vita ordinaria. Attendo con impazienza i prossimi lavori del giovane Maestro.
Lubitschina, assente per natura, mi incarica di segnalare altre due commedie degne di rilievo passate nell’ormai trascorso FEFF18.
Il terzo posto Mohican Comes Home, di Okita Shuichi, non si distaccherebbe dalla pletora di prodotti nipponici similari se non avesse azzeccato la giusta tonalità di colore per amalgamare il dramma di una malattia terminale con la leggerezza dei caratteri teneri ma decerebrati che animano il bestiario dell’isola in cui la vicenda è ambientata. Resta comunque l’unico film premiato che si può far vedere agli amici senza vergognarsene, alla fine.
Xu Zheng regista e interprete di Lost in Hong Kong (e del più riuscito Lost in Thailand precedente), è un po’ il Checco Zalone in salsa di soia. I suoi road/buddy movie sono farciti di eventi surreali e comicità slapstick. Molto amato in patria, anche semplicemente come attore brillante, i suoi lavori si potrebbero tranquillamente importare anche da noi, se non fosse che, notoriamente, agli occhi degli occidentali, tutti gli asiatici si assomiglino, rendendo quindi difficile la fruizione ludica di commedie brillanti come questa.
E adesso mi scuso e mi ritiro, lasciando a malincuore un piccolo spazio a Tintina, pecorella… sexy.
Sta a me? Sì, ecco…
Non vi faccio perdere tempo. Per gli amanti dei film pecorecci, quest’anno, il FEFF ha offerto ben poco.
Niente extraterrestri sporcaccioni o eiaculazioni in faccia a professori. Però… Però The Mobfathers di Herman Yau, tragica storia di gangster con il simpatico e fuori parte Chapman To, ha dentro uno spettacolino che dovrebbe essere trasmesso in loop nelle case di riposo, come consolazione per gli ospiti. Il regista, noto erotomane mascherato da autore cult, regala cinque minuti ad altissima gradazione erotica per merito di una entraîneuse (scusate il vocabolo antico come me) che si dimena in lingerie nera su una sedia. La camera indugia impudicamente su tutte le zone belle dell’attrice, che sono tante e notevoli. Il film è un pasticcio poco riuscito ma quella sequenza rimane memorabile. Se riesco a recuperare il film la posto su yousheep.