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#TGLFF31 – Una farfalla impazzita festeggia l’amore al Torino Gay and Lesbian Film Festival – parte 1

di il 07/05/2016
 

La giornata inizia con un volantinaggio che invita a boicottare il Torino Gay and Lesbian Film Festival per via di un contributo economico da parte dell’ambasciata israeliana. Si fa riferimento al generico atteggiamento che ha Israele nei confronti della Palestina. Onorevole senz’altro, certo: chiedere a dei gay di supportare la lotta palestinese, quando questo popolo è il primo a discriminarli.

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Proprio di mondo arabo si parla nel primo film del giorno Wo willst du hin Habibi di Tor Iben: neanche male la prima parte, con uno sviluppo interessante dell’amicizia tra gay e etero, poi entra in scena la scoperta della famiglia turca di avere un figlio gay ed inizia una spirale di ovvietà, con tanto di happy ending patetico. Un film che comunque potrebbe girare nelle sale e avere successo di pubblico.

Cerco in giro dove si possa bere la vodka sponsor del festival, ma non la trovo.

Il pomeriggio continua con un film di un mio amico, che non sapevo fosse in programma, LA DONNA PIPISTRELLO di Francesco Belais e Matteo Tortora. Un documentario sulla famosa Romanina, nata Romano Ceccoli, una delle prime persone in Italia ad aver cambiato sesso. Il film sono due lunghe interviste ben montate, intervallate da foto e articoli riguardanti la protagonista. Tra le traversie e i lustrini, esce molto orgoglio della Romanina e talvolta un’eccessiva sicurezza, dovuta alla forza acquisita nel tempo, capace di farle prendere coscienza di stare scrivendo una pagina storica, non solo del mondo LGBT, ma anche di costume italiano.
Nonostante sia stata un’attivista e sia stata, grazie al suo impegno, una delle promulgatrici della domanda di cambio di identità per le persone transessuali, la sua vita mi pare una lotta tutta individuale. Come giustamente ricordato da Belais nella presentazione del film, i trans, che sono sempre stati tra i promotori delle lotte per i diritti, sono spesso ghettizzati anche dagli stessi gay.

 

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Piuttosto brutto il secondo documentario, sempre riguardante la vita di una transessuale, la TARANTINA di Fortunato Calvino.
Montato male. Al documentario viene affiancata una specie di fiction (la tombola napoletana), capace solo di rallentare il ritmo.

In coda per accedere alle sale continua ad apparire questa creatura con maglietta rosa trasbordante di muscoli. Tutti fanno finta di non vederlo, ma cammina come se avesse un’aura attorno a sé. Divertente.

Non riesco a dare un giudizio su CALIFORNIA di Marina Person per il semplice fatto che mi sento completamente coinvolto: parla praticamente della mia adolescenza. Tutti i dischi, tutti, i poster, le feste, i meccanismi per cui ti piaceva uno, una e poi dopo dieci minuti qualcun altro, i video di Siouxsie and the Banshees, le cassettine con la raccolte di brani, i Dead Kennedys, Tuxedomoon, gli Smiths, i Joy Division e tantissimi The Cure, e cercare di capire quando è il momento giusto per scopare, o per cercare di farlo.
A parte lo zio morto di Aids, mi sono ritrovato perfettamente nella vita di Teca, e la cosa stranissima è che il film è ambientato in Brasile, lontano anni luce da Venezia.
Piaciuto parecchio in sala.

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