Diciamolo subito, così poi metto da parte questo discorso: si, c’è molto Altman, c’è molto Paul Thomas Anderson ma c’è anche di più.
Tutto il film si svolge in piscina, per la festa di compleanno di Henry (non viene mai specificata l’età, ma siamo sui 16). Lentamente arrivano gli invitati, che diventano i protagonisti di questa festa allegra e amara.
La caratteristica principale che emerge da questo gruppo di amici di età diverse è lo spiccato senso religioso: fanno tutti parte della stessa parrocchia e ogni azione è sottolineata da un ringraziamento a Dio e un calore esagerato tra loro.
Quando il limite di moralità/comportamento è così alto è facile trovare trasgressori, e questo è forse il limite del film: trovare religiosi ferventi che si contraddicono è un po’ come sparare sulla Croce Rossa ed è solo il garbo del regista a riuscire a creare un equilibrio tra il fanatismo (rappresentato da una signora che non trova conveniente neppure fare il bagno) e l’allegra devozione dei più giovani, più aperti alla trasgressione.
Henry, il protagonista della festa, è gay e desidera il suo migliore amico (indovinata la prima scena del film con la gara di “seghe” tra i due), ma fluttua con tranquillità tra le braccia di una ragazzina piuttosto fervente, fidanzata con un altro.
Ci sono tutte le età e tutte le tipologie di persone, c’è anche un depresso che si sfigura il volto durante il party ma la figura più bella e complicata è quella della madre, una donna elegante, trafitta da un amore illecito che l’ha destabilizzata e resa precocemente consapevole.
Il tutto funziona, forse succedono troppe cose per un solo party, ma l’opera non perde mai di ritmo ed è sempre credibile, cosa assai difficile per un film corale.
Belle le luci e belli i protagonisti per una pellicola che, secondo me, può avere anche un successo commerciale.