TAFKAMG, in esteso The Artist Formerly Known as Mel Gibson, un tempo era il divertente fustacchione restato nel Kuore™ di tutti per la bella interpretazione in Arma Letale e Mad Max. Poi, una notte, all’improvviso, l’illuminazione! Inizialmente si pensò alla mano di un Angelo, solo più tardi i medici diagnosticarono lo scherzo di qualche arteria cerebrale dispettosa.
Da quel momento qualcosa in lui si ruppe definitivamente: girò lo splatter-grottesco The Passion – La passione di Cristo, edificò due cappelle in casa, iniziò a parlare in latino, sposò la cinghia come mezzo necessario all’educazione di sua moglie e si ritrovò ossessionato da Gesù. Nacque così TAFKAMG: l’estremista. Un personaggio molto solo, nessuno lo invitava più a cena perchè non ne potevano più di veder finire le serate galanti con lui che si rotolava a terra in risse religiose. E chiedere agli ospiti di evitare le battutine avrebbe di certo rovinato la festa. Lui però non si preoccupava, sapeva di non essere solo veramente, aveva Gesù, e tanto gli bastava.
Col passare degli anni, il crollo vertiginoso della sua arte cinematografica lo rese indigesto a praticamente tutti gli esperti di cinema, ma il nome altisonante (i più, meno informati, continuano a pensare che sia Mel Gibson) muove ancora oggi masse di inviti ai festival cinematografici. La vecchiaia nei grandi registi americani crea mostri: Madre Natura sta a Malick come Gesù sta a Mel Gibson e come gli Alieni stanno a Spielberg.
TAFKAMG arriva oggi al Lido di Venezia portando con sè il suo ultimo film religioso: Hacksaw Ridge. Per protagonista sceglie il bruttino di Amazing Spiderman, come a voler suggerire che “gli ultimi (anche quelli un po’ sfigati) saranno i primi”.
Usa il pretesto della guerra per dare sfogo alle sue ossessioni religiose tramite metafore che tutto sono tranne che celate. Ci sono i versetti iniziali con la voce narrante, c’è la storia di Caino e Abele, i cori in chiesa, le gioie e i dolori della vita familiare. Passa senza vergogna dal battesimo alle stigmate ai bravi ragazzi della parrocchia che si tirano su le maniche per aiutare il prossimo. Arriva addirittura a mostrare il Soldato/Salvatore picchiato ed umiliato dai commilitoni/fratelli che alla fine, solo dopo l’espiazione, capendo l’errore commesso, vorranno seguirlo e amarlo. Il finale è direttamente una predica che il regista non prova neanche a mascherare da altro.
Non vale la pena ricordare ogni dettaglio perché il resto è una reiterazione sistematica ossessiva dei medesimi contenuti, sempre più esplicita e superficiale, perfetta per la bocca immonda del Grande Pubblico: quel vecchio mostro annoiato, immobile nella sua cervicale d’acciaio, a cui non devi chiedere il minimo sforzo.
Sarebbe bello che le mie parole fossero solo uno scherzo ma nel film c’è tutto. Ogni singola metafora spudorata che ho citato. Il picco della sua malattia credo lo raggiunga quando la ragazza del protagonista, salutando il fidanzato in partenza per il fronte, invece di baciarlo, gli regala una Bibbia.
Ma alla fine il film è bello o brutto? E’ un Mel Gibson post-trauma-bacchettone: quando lo scegli sai cosa compri. Essendo però anche una ricca produzione hollywoodiana, le immagini di guerra sono maestose e il divertentissimo discorso alle reclute mi aveva addirittura fatto accendere la speranza: inizialmente avevo veramente creduto che l’ateroma che gli blocca la circolazione al cervello si fosse riassorbito. Ma no.
Non sapendo se ridere o piangere per lui, ho optato per imbarazzarmi. Ma mai quanto dopo quello che sarebbe accaduto in seguito!
L’addetto al calendario delle proiezioni della Mostra del Cinema di Venezia deve essere uno degli invitati alle feste goliardiche di cui sopra perchè non ha resistito a fare una burlonata al povero TAFKAMG: immediatamente dopo il film del religioso americano, ha infatti messo in programmazione il porno Una Hermana di S. Brokenshire e V. Kuri, il peggior film visto al Lido assieme all’orripilante Kekszakallu di Solnicki. Un porno trasmesso in una sala dagli esterni rosso-infernale e interni rosso-lussurioso: la nuova Sala Giardino.
Posso solo immaginare la rissa dietro le quinte quando la notizia ha raggiunto TAFKAMG.
Ok, è un porno senza sesso, certo, ma può un film di 58 minuti annoiare così tanto? Certo che si, specie se le cose che il regista ha da raccontare e mostrare si esaurirebbero naturalmente in dieci minuti e per arrivare al minutaggio minimo, usa la tipica tecnica dei porno (Da qui la classificazione e la distribuzione dietro le tendine dei videonoleggi): riempire di superfluo ininfluente. Inquadra a lungo gente che cammina, che legge, che guarda fuori dalla finestra, che si ferma al semaforo o fa quattro chiacchiere pallose con le amiche. Tutto in attesa della liberatoria eiaculazione sul viso che non saprò mai se alla fine davvero arriverà. Un porno in tutto e per tutto.
Mi giro e nella fila dietro vedo solo gente distrutta, con occhiaie che non necessitano di alcuna spiegazione. Non è facile raccontare peggio di cosi un storia banale.
L’eterna lotta tra paradiso e l’inferno continua, fortuna che domenica c’è la messa.