Leggendo qualche recensione di questo film prima di riuscire a vederlo, spesso avevo incontrato il termine patinato; francamente non riesco a capire come possa essersi generato: ogni fotogramma è un’opera d’arte di fotografia, luci costumi e finalmente la bellezza delle immagini è supportata da una trama avvincente, interessante, non banale.
Esiste una ricercatezza intensa intenta a creare un’atmosfera di eleganza che si lega indissolubilmente all’erotismo che pervade l’intero film.
Siamo in Corea negli anni Trenta (splendida anche la ricostruzione storica, puntuale ma allo stesso tempo che pone il racconto fuori dal tempo), una Corea che subisce il fascino intellettuale del Giappone, dove un ricco signore, ossessionato dai libri, tiene quasi prigioniera la nipote, ricca ereditiera, che vuole sposare per ottenere il di lei denaro.
Ovviamente quei soldi interessano anche a molte altre persone, tra cui un gruppo di truffatori che ingegna una macchinosa strategia per venirne in possesso.
Da un primo tranello organizzato all’inizio, si sviluppano una serie di doppi-giochi e cambi di programma da rendere il film quasi un thriller, oltre che un puzzle di falsi atteggiamenti.
Troneggia la storia d’amore tra Sooki e Lady Hideko, due donne che vengono da estrazioni opposte della società, con storie del tutto diverse, eppure si innamorano e scoprono il loro corpo, generatore di piacere.
La sensualità è sempre misurata, non è mai autoreferenziale ma sempre parte integrante di una storia strutturata e complessa, c’è un piacere onesto della carne, una soavità nei tocchi e nella scoperta del piacere (qualche immagine mi ha ricordato La vita di Adele, anche se con un approccio totalmente orientale: la scena in cui Sooki lima un dente appuntito ad Hideko è eccitante e conturbante allo stesso tempo).
I libri ricoprono in questo film un ruolo assolutamente negativo, sono lo strumento dello zio, del suo potere e della sua cattiveria, oggetto di feticismo e trasgressione, vengono eliminati in una scena di distruzione, che è tra le più belle del film (10 e lode anche per le immagini in cui Hideko legge, facendolo venire duro all’intero pubblico maschile, accorso ad ascoltarla).
Le donne escono vincenti assolute da questa storia: gli uomini sono solo protagonisti secondari e biechi e per sottolineare questo è splendida l’idea del regista di finire il film con la frase “Almeno muoio col cazzo intatto“