Sono a Londra per una settimana. “Ma va?!” dirà chi mi conosce. Gli suggerisco, come direbbe l’eminente Senatore della Repubblica Italiana On. Antonio Razzi, di farsi li cazzi sua. Finalmente posso anche godermi qualche incursione cinematografica senza la voce di Luca Ward o qualcuno dell’inesorabile clan degli Izzo! Di festival cinematografici non ne vedo in giro e allora sapete cosa vi dico? Il festival me lo creo io, pago io, mi mando gli inviti, mi faccio le interviste e mi organizzo pure gli aftershow. Quindi vado dove cazzo mi pare! Adesso resta solo da trovargli un nome a questo benedetto personal film festival, vediamo… Oggi non ho voglia di fare troppi voli pindarici, così quando il mio sguardo si posa pigramente sul boccale di IPA che sto sorseggiando da un po’ (nursing a beer, diceva quel genio siderale di Bukowski, e non c’è espressione in italiano che possa minimamente rendere l’idea) il nome mi si rivela in tutta la sua magnificenza: IPA Film Festival, IPAFF# per le miriadi di cricchettari out there.
#IPAFF day one: GET OUT di Jordan Peele al Hackney Picturehouse
Inseguivo da parecchio tempo questo film osannato dalla critica oltreoceano ma ogni tentativo di procurarmene una copia era fallito miseramente (lo so, lo so, è illegale; tanto non mi fila nessuno). Quindi entro rigonfio di aspettative nella sala denominata The Lounge ed, appena varcata la porta, la mia boccuccia si contrae ad imbuto: fucking WOW! La sala dei miei sogni: piccola, in forte discesa ed arredata con una quindicina di sdraio/pouf in gommapiuma! Niente sedie da tortura in stile SAW con lo schienale inclinato in avanti come al Giorgione, mi godrò il film sdraiato come un pascià! Ok, cut the crap: veniamo a Get Out…
Occorre chiarire subito che l’etichetta horror appiccicata al film dalla grancassa mediatica è almeno parzialmente fuorviante. È vero che il terzo finale vira decisamente verso tinte horror (ed è sicuramente la parte meno riuscita) ma è altrettanto evidente che Get Out è nel suo cuore (nero) una black comedy di altissima classe. Più che The Texas Chainsaw Massacre, siamo in zona Guess Who’s Coming To Dinner 2.0 in leggera salsa splatter, però girato da un regista nero, incazzato quanto Spike Lee ma molto più sottile e graffiante. Jordan Peele viene dalla commedia (è uno degli autori e protagonisti di Key & Peele una serie televisiva di gran successo in USA) ed azzanna con ferocia esilarante il milieu liberal americano, rigorosamente WASP. Tutti i ricconi del film fanno a gara per accaparrarsi – letteralmente – i favori del giovane protagonista nero, non mancando mai di fargli notare che loro avrebbero votato un terzo mandato Obama, che amano Tiger Woods ecc. È veramente cosa rara veder trattare in maniera così originale il tema del razzismo strisciante in Usa, senza baracconate Ku Klux Klan et similia. Peele, al suo esordio come regista, è straordinario anche nel maneggiare la tensione ed i colpi di scena. Molto interessante quello che dice a tal proposito in una intervista, nella quale fa notare come i meccanismi della commedia e del thriller/horror siano sostanzialmente identici. Su questo in Italia – mi permetto di aggiungere, caro Jordan – siamo anni avanti perché qualsiasi gag di un De Sica o di uno Zalone è più spaventosa del giramento di testa di Linda Blair in The Exorcist.
Bravissimo anche il giovane protagonista Daniel Kaluuya, già visto in una delle puntate più memorabili di Black Mirror.
4 stelle, easy. ♣♣♣♣
E adesso, se permettete, vado all’aftershow…