Una grande regia supportata da una storia ben scritta. Questo è quello che voglio da un film.
Ok, Maoz può esser stato un po’ ruffiano ad avere usato la morte di un figlio come tema principale della sua opera, ma la storia (bellissima) è sempre pertinente, anche quando il film prende una via più espressionista (si va dalle parti di Brazil, per intenderci, nel raccontare la vita dei militari che supervisionano un check point).
Diviso nettamente a metà, sia nello svolgimento della trama che nella cifra stilistica, non perde mai l’equilibrio e la tensione, sia nell’assoluta drammaticità che nei picchi di comicità.
Ancora una volta, dopo Lebanon (già vincitore del leone d’oro) il mondo dell’esercito è al centro del film; accanto a questo una critica sull’eterna ed estrema militarizzazione israeliana, inserita nel contesto della vita di ogni giorno, soprattutto dei giovani.
Molto bravi gli attori, sempre credibili anche in situazioni limite, anche se il vero protagonista è il regista.
Lo vedo in lizza per un premio anche quest’anno.
Una curiosità, poco prima della proiezione, uno spettacolo nello spettacolo:
lo scatenarsi di una tromba d’acqua (meraviglioso termine inventato dal Gambillo), inzuppa letteralmente metà degli accreditati ancora in fila (bravissimi gli operatori della sala che hanno aperto con largo anticipo evitando che venissimo tutti travolti dalla tempesta).
Scene di panico con persone che entrano come fossero appena usciti da una doccia vestiti, gente a petto nudo che gira mendicando una felpa, tra questi Giuliano Ferrara, che, tolta la camicia, indossa una pashmina enorme (senza offesa eh), che lo fa sembrare in kimono.
Noi della Cricchetta abbiamo l’onore di averlo seduto nella nostra fila, un onore che alla fine del film si trasforma però in un problema, perché essendo lui seduto nella prima poltrona e avendo qualche problema ad alzarsi, blocca l’uscita di tutti, provocando l’ira di un ragazzo russo che ha ancora i capelli lunghi bagnati dalla pioggia, e che, non conoscendo la mole del giornalista, inizia a lamentarsi, imprecare e spintonare per uscire.
Io e la compare Angela (che è una persona reale, non un mio disturbo di doppia personalità) abbiamo perso il vaporetto per questo intoppo.