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A Serbian Film (Srpski Film) di Srđan Spasojević

di il 06/11/2017
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IL MIO VOTO


AFORISMA
 

"Sangue a volontà, stupri, massacri, violenza. Spasojevich rispedisce al mittente il torture porn. Oltre c'è solo lo snuff. E non crediamo che qualcuno voglia azzardarsi ad andare oltre i limiti infranti da Spasojevich" (cit.)

 

C’è da dire che i serbi non son famosi per essere degli allegroni. Se qualcuno ha dubbi in merito A Serbian Film chiarisce definitivamente il concetto. Appartenendo ad un genere iper-specifico come il torture-porn, sento di doverne parlare analizzando unicamente quello che l’immaginario collettivo si aspetta da un film provocatorio a tematica sessuale, tragica, pervertita, violenta, psicopatica, psico-fobica, sociopatica, socio-fobica, criminale, inumana, autodistruttiva e sanguinolenta. Mi chiedo quindi:

  1. Eccita? Un po’, solo nella prima parte bonaria.
  2. Inorridisce? Un po’:
    • sorprende in positivo la maestria non verbale dell’attore protagonista, sa manifestare con gli occhi e con l’espressione la violenza che lo costringe a compiere crimini immondi.
    • Sorprende per stupidità invece la scelta di inserire alcune scene per il basso ventre (come ad esempio la violenza sessuale neonatale) senza che fossero necessarie alla trama: la voglia/necessità di gettare nel calderone tutte le perversioni possibili ed immaginabili demolisce il regista a notaio/commercialista dell’INPS con gli occhiali spessi attento a che tutti i conti tornino per benino. Taglierei subito quei minuti dal montaggio, non certo per censurare la crudeltà o perché mi abbiano scandalizzato, taglierei per non far sembrare il regista un povero imbecille e per non rendere così facilmente ridicolizzabile un film che invece merita di essere preso profondamente sul serio. Uno dei pochi capaci di toccare punti intoccabili della psicologia e della sociologia.
  3. Vuole far ridere? No.
  4. Si ride del film? Un po’. Si ride quando uccide il tizio con la benda, si ride quando – dopo la violenza sessuale – inquadrano il protagonista in un angolo della doccia rannicchiato a piangere come nel più comico dei luoghi comuni, si ride quando tira un cazzotto in piena faccia a sorpresa alla moglie, così, dal nulla. Insomma, sul finale compie sicuramente qualche sbavatura ma si salva all’ultimissima, bellissima, sorprendente ed agghiacciante scena: uno di quei momenti capaci di far sprofondare la disperazione del film sotto al fondo che fino ad un minuto prima si pensava di aver già raggiunto. Un piccolo capolavoro di violenza inaudita a tutto tondo.
  5. E’ una metafora ben riuscita della sofferenza e della disperazione della Serbia del dopoguerra? Assolutamente no, il concetto è abbozzato ed espresso in maniera vaga/superficiale.
  6. Fallisce nel suo intento disturbante? Anche qui direi proprio di no, infatti più che la parte concettuale volontaria (il grido di una nazione violentata e morta) – per la quale vengono pilotati alcuni dialoghi a metà pellicola – rimane il retrogusto amaro dell’intimo desiderio del regista di voler rappresentare una violenza atroce come fosse la sua unica modalità di comunicazione con l’esterno, come fosse la valvola di sfogo per aver vissuto ed essere stato forgiato in una nazione che fa della violenza una necessità. La Serbia è vicina geograficamente ma ben lontana dagli standard di welfare che si danno per scontati in occidente. In questo film, il frutto dell’inconscio del regista ferisce più duro della suo intento volontario. “Quello che alla testa non piace all’uccello piace“, fa infatti notare in una battuta illuminante. Questa si che è un’ottima metafora, questa si che rappresenta la relazione tra il film e lo spettatore! È come dire: “le immagini (come le esperienze della vita) ti entrano nelle nelle viscere, volente o nolente, c’è poco da ragionare” o “di spunti ce ne sono tanti, ma quello che resta è la pancia“.
  7. Ha dei punti forti a livello squisitamente cinematografico? Assolutamente si, mi ha sorpreso particolarmente per questo:
    • Molto bella la colonna sonora, ricorda in parte quella superba di Tron Legacy curata dai Daft Punk.
    • Bellissime le scene di quando iniziano a girare il “film nel film” utilizzandolo come strumento per il lavaggio del cervello. Regalano un’imperdibile sensazione di lucida impotenza. Non sfigurerebbero a Biennale Arte.
    • Di qualità, e molto efficace, anche l’uso – in tutto il secondo tempo – del flashback distorto.
    • Da ricordare infine l’intelligenza e la capacità di scrittura nello spezzone in cui parla del legame tra Arte e pornografia.
  8. La trama è interessante? Tenendo conto del genere direi proprio di si, anche se alla fine non è poi così distante da quella messa in scena da quell’inutile sempliciotto di Eli Roth. E’ quindi un po’ quel Hostel che ci volevano far immaginare con gli spot televisivi ma che mai (MAI!) avrebbe potuto essere.

 

E’ vero, la risposta a troppe domande legate alla specificità di questo genere di film sembra purtroppo essere: un po’, alla faccia di chi fa dello shock la sua bandiera e praticamente la sua genesi. Qui si vede poco, e si immagina il peggio. “Violenta l’anima“, leggo in una recensione online, ma – per chi ha un cuore di cane come me – non lascia il segno: la patina della pellicola è talmente pulita e nitida da regalare un senso di sicurezza capace di appianare anche le scene più estreme. Fatico a credere che questo espediente sia una culla fortemente voluta in mezzo ad un oceano di torture. Ma non si sa mai.

Ho una proposta, facciamo girare al regista il prossimo film Disney: un uomo con così tante idee (impossibili da descrivere tutte, tale è la quantità) tirerebbe fuori un capolavoro se solo gli facessero (e volesse) girare qualcosa che si potesse distribuire in sala. Se si è arrivati a leggere fin qui immagino non serva specificare che A Serbian Film ha avuto vita difficile ai Festival Internazionali e praticamente nessuna distribuzione, tanto meno in questa nostra Italia ignorante, blaterante, noiosa, ferma agli streotipi e tutta di facciata come quella dei nostri tempi. Il film Disney di Spasojević sarebbe un successo, un po’ come è avvenuto per i Metallica, i Megadeth o gli Extreme che son ricordati dai più** per un genere (quello delle ballate) che ai fan sfegatati sembrava non dovesse appartenergli e, forse, in cui non avrebbero mai dovuto scivolare****

Se vale la regola che i brutti e cattivi dell’arte sono destinati a sfondare con opere tenere e puccipucci, allora non vedo l’ora di vedere Dumbo 2 di Srđan Spasojević, anche se mi spaventa cosa potrebbe fare di quella proboscidina.

 

Si può dire di tutto su questo Srpski Film ma non che non sia il nuovo termine di paragone in quanto a violenza cinematografica. Devo ammettere che verso metà proiezione mi sono alzato dal calduccio del divano multicolore e ho chiuso la porta di casa a chiave, da dentro.

Sconsigliato, perché potrebbe far arrabbiare parecchio e sogno invece un mondo rilassato.

 

 

**  termine spregiativo e importante, roba di cui tener conto

**** Conto in banca®

 

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