Ok, sei come sei, ma sai cosa sei? E, se si, ti piace?
Poltrone di legno con puntine integrate per tener svegli gli ultraottantenni dalle carotidi intasate che permettono la sopravvivenza di questo ultimo baluardo del bel cinema a Mestre. La maschera tuttofare alla cassa mi chiede se ho la riduzione della COOP e sento una fitta. In questo venerdì sera dalla temperatura clemente, il Dante ospita quattro spettatori paganti e, con noi due, l’età media della sala scende a cinquantanove: il record del 2018, praticamente imbattibile.
Inspiring
Non trovo il giusto termine in italiano per sintetizzare il film in una sola parola: nel dizionario suggeriscono “stimolante” ma mi farebbe tornare alla mente solo un Magic Wand viola a batterie, in seconda posizione leggo “ispirare” ma suonerebbe come se volessi che qualcuno facesse altri film come questo, e non credo che nessun altro ne sarebbe capace, allora, ecco: “influenzare e motivare”, questo si che mi piacerebbe accadesse davvero, vorrei che gli spettatori, da questo film, imparassero a diventare meno prevedibili.
Niente è cambiato anche se tutto è diverso
Se volessi allargare la sintesi da una parola ad una frase intera, allora non potrei che rubare i versi all’unica cantautrice italiana di oggi come vent’anni fa. La sua lirica fa da specchio antagonista ad un film che parla esattamente del lato opposto della stessa medaglia. Se in Universo quello che non è cambiato è l’incanto, nel film Andrey Zvyagintsev a non cambiare mai è il maledetto disincanto dell’incontro. Il tormento dei vivi, incomprensibile ai mediocri. Se Loveless stesse in una canzone si ritroverebbe piuttosto a creare l’atmosfera di Conversation 16 dei National.
Un tuffo amaro nella Russia senza fronzoli, quella in cui nessuno è felice, tanto meno i bambini. Il mistero che fa da base alla trama è la scusa magistrale per mostrare come un messaggio possa essere comunicato non con l’uso di suoni, dialoghi o immagini ma con un potente mix inseparabile del tutto. Come in un frullato è impossibile scindere gli elementi e tornare alle materie prime originali per valutarle singolarmente. Questo film è, insomma, un risultato che vale più della semplice somma delle singole parti. Sembra ovvio, ma è una rarità.
Ad un occhio distratto può sembrare la storia di una persona scomparsa o, ancora peggio, di una famiglia distrutta, invece Loveless imita dolorosamente la normale vita di relazione, dove intimità e desiderio sono due binari che corrono paralleli per gran parte della vita, fino a quando l’età fa il suo dovere e le esperienze maturate saturano la maggior parte del possibile che in giovane età sembra invece così alla portata. Le linee parallele, per loro natura, non si incontrano mai costellando la vita di tradimenti o di dipendenze emotive che nascondono promesse incomplete.
In una relazione intima al desiderio si toglie il gusto del proibito, per questo si sta a casa con le ciabatte, a volte con glaciale (in)soddisfazione come fa la protagonista del film, altre bruciando nella continua ricerca di una felicità utopica, sognando una bacchetta magica che possa risolvere troppo con un sol tocco, come fa il protagonista. Allora tormentiamoci, soffriamo e proviamo a cambiare direzione finendo sempre al punto di partenza, come in un diabolico Monopoly o un gelido tapis roulant in cui al posto del motore girano gli eterni ingranaggi dell’esistenza:
– I shouldn’t have listened to you, should have made an abortion.
– Yeah, you should have. It would have been better for all of us.
– Oh really? And what would have changed? Haven’t you made big-bellied another young fool, with pulling her into your hell? In 10-12 years, if you still get a boner (questo è il punto cardine dell’arcano, il tempo che fa invecchiare), you’ll perform this trick once more, I’m sure. Poor girl, I even pity her. You ruined my life, do you get this? Thank God, I met a decent man, who doesn’t need anything from me, except for me myself
Mia nonna, a questo punto della proiezione, ha perso la pazienza, è risorta e, incazzata nera, è passata attraverso il muro con uno strascico di glitter dorati urlando in ultrasuoni davanti ai miei occhi tutto tranne che spaventati:
L’oca che dà della stupida alla gallina! Accusa lui di ripetere sempre i medesimi schemi di relazione, dice di provare pena per la sua nuova compagna ma lo stesso fa lei e non se ne rende conto! Tempo due anni, una volta finito quel barlume iniziale di eccitazione, e si è ritrovata come tutti, come sempre, sul divano a fissare lo smartphone in cerca di una gioia che non potrà mai arrivare dall’esterno. Dopotutto, far scorrere il pollice verso l’alto su quel piccolo schermo illuminato non è esattamente come tirare la leva della slot machine? Non è il solito gioco all’azzardo di quei perdenti degli illusi? I cinesi che arrivano al casinò di Ca’ Noghera di mattina presto in tuta da ginnastica, puzzando come bestie in ciabatte, non tirano forse quella leva per alienarsi da una realtà che non li soddisfa, in cerca di una gioia improbabile? Il dito scorre sullo schermo: un’amichetta col fidanzato in vacanza in Messico. Tiro la leva, i rulli girano e metto incinta una ragazza più giovane. Aggiorno la pagina Facebook e vedo la culla di un neonato con una sfilza di commenti imbecilli preconfezionati. Inserisco un gettone e spero di cambiare col cambiare di ciò che mi circonda. Perdo di nuovo, fa tutto schifo e, anche se una volta vinco, l’ebrezza svanisce in un lampo e continuo ad aggiornare la pagina, tirare la leva o premere il pulsante rosso.
La gente non cambia, si cammina in tondo arrivando sempre allo stesso punto ma, su questo circolo vizioso, in questa lunghissima partita in eterno pareggio, l’età purtroppo gioca il ruolo del fuoriclasse sbloccando il risultato sempre nel più dimesso dei modi.
La mi nonna è forte anche da fantasma rabbioso, eh! Dopo la sfuriata, è sparita così com’è apparsa, lasciandoci ai titoli di coda di un film importante, evocativo, impegnativo e che fa soffrire. Non resterà nella storia solo perché la sofferenza che mostra – pur globale – non è nuova; ma di certe sfumature fondamentali del rapporto di coppia non se ne sa mai abbastanza ed è bene che vengano ripetute di tanto in tanto dall’alto di un grande talento (tipico della scuola russa, più che di Zvyagintsev). Peccato che il messaggio del film sia dedicato a chi è vivo, non a chi è sceso a patti col divano e la vestaglia di pile nella bolla della ripetitività, sviluppando l’antidoto osceno della mediocrità. Come al solito le persone che più ne avrebbero bisogno non lo vedranno o se lo faranno non potranno capire. Ma voi, fatti di picchi di amore e odio, in continuo movimento, con lo sguardo teso al divenire e mai sul pavimento dove i piedi stanno in equilibrio, voi, con le ferite aperte a tenervi svegli, voi, eternamente inadeguati, disponibili e curiosi, voi lo sapete:
importante, evocativo, impegnativo e che fa soffrire…
❤️