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Quel pomeriggio di un giorno da #Cannes2018 , PT 2

di il 17/05/2018
 

Oh là là, La Croisette! Sono a Cannes solo da poche ore ma sono già stato insignito del prestigioso Clochard D’Or dalla direzione del Festival. Con la mia t-shirt islandese, shorts e scarpe inzuppate da due diluvi consecutivi, spicco immediatamente in un oceano di frac, chiffon, cocktail dress, smoking, tubini, tailleur, velette e palandrane. Impossibile distinguere le celebrità perché anche quelli che mendicano inviti per le proiezioni (già da soli uno spettacolo nello spettacolo) sembrano usciti da una passerella di Guy Laroche. Un barbone mi ha chiesto gentilmente qualche spiccio. Indossava un impeccabile tuxedo color anguria.

Riesco a procurarmi un paio di pantaloni perché pensare di entrare in shorts al Theatre de La Croisette sarebbe più o meno come pretendere di fare una visita in una moschea salafita vestiti da uomo-sandwich per Charlie Hebdo.

Leave No Trace è la mia prima proiezione di giornata ed uno dei film che più attendevo di questo Festival.

Debra Granik è la regista del meraviglioso Winter’s Bone, film che nel 2010 mi colpì come un pugno sullo stomaco. Soprattutto Jennifer Lawrence, che di lì in poi decise di sprecare il suo talento infinito in una sequenza interminabile di stronzate remunerate favolosamente. È un bel ritratto di comunità che vive ai margini, ricco di empatia e mai banale soprattutto nell’analisi degli effetti devastanti del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder) sulla psiche del protagonista. Bravissima la debuttante Thomasin Harcourt McKenzie, speriamo non segua le tracce di Jennifer. Bella anche la fotografia di Michael McDonough. Ma c’è qualcosa che non mi convince. Il film non mi (si) accende, lascia l’impressione del compitino (molto) ben fatto. Leave No Trace: Omen Nomen? Maybe… VOTO: 3

Più convincente El Motoarrebatador del giovane regista argentino Agustín Toscano. Storia di un lowlife argentino in cerca di espiazione dopo aver gravemente ferito un’anziana durante una rapina in moto.

Il regista colpisce esattamente il soft spot tra commedia, dramma sociale e redemption movie, senza mai giudicare o cercare la lacrima facile. Bellissimo tocco autoriale, leggero ed elegante. Aspettatevi un remake hollywoodiano coattissimo con Ben Stiller entro il 2020. VOTO: 3,5

Infine il film più atteso da Matteo Salvini, Carmen Y Lola dell’esordiente Arantxa Echevarría, storia di due lesbiche minorenni all’interno di una comunità Rom nei sobborghi madrileni. Storia narrata con delicatezza tutta femminile, incentrata sulla vitalità esplosiva delle due giovanissime protagoniste (anche se nutro qualche dubbio sui 17 anni di Carmen).

Abbastanza ispirato, anche se qualche simbolismo un po’ scontato appesantisce a tratti la narrazione. Scontata la fine ma era davvero difficile potersi inventare un esito diverso viste le premesse della storia. VOTO: 3

Ok, per oggi è finita. Dopo una telefonata al mio couturier personale per la mise del prossimo Festival, mi ritiro a caccia di aperitivi con Kurtz Vianello..

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