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#Cannes2018 – 8 giorni per capire che John Travolta è in realtà la signora Garrett de l’albero delle mele, parte 5

di il 18/05/2018
 

Seppur concepita come omaggio al primo vero amore cinemografico della Cricchetta, la maglietta a righe non fa che evocare all’immaginario dei più cartoline di lagune, ponti e gondolieri: “uh là là, vous êtes de Venise?
Eh no caro sconosciuto, non mi faccio fregare da questo finto interesse che tradisce un tono di sfida, non entrerò nel gioco fin troppo facile di dirti se sia meglio la Mostra del Lido o Cannes, anche perché non sono proprio in grado di giudicare il festival francese. Ti basti questo contentino: devo ammettere che questi spocchiosi dalla erre moscia ci tengono eccome alla loro mostra cinematografica e fanno del loro meglio per tenerla sempre ai massimi livelli.

Borse sotto gli occhi e niente bagno, next stop: Cannes

BURNING di Lee Chang Dong: in sala si ha la percezione immediata di essere catapultati in un racconto di Murakami Haruchi, dove la realtà, quella più quotidiana e banale, si sposa con il magico e l’irrazionale. Jongsu, protagonista del film, incarna esattamente la figura maschile letteraria: intelligente ma impacciato, collocato nel mondo ma solo e solitario (tra l’altro l’attore che lo interpreta è bravissimo, sempre in scena durante l’intera durata della pellicola e mai sopra le righe).
Una maldestra solitudine che prende la forma del triangolo: Jongsu che vuole fare lo scrittore, la sua amica Haemi, di cui è innamorato, e Ben, amico di lei, ricco ragazzo misterioso che lo stesso Jongsu definisce il grande Gatsby.
L’ordinario rapporto di amicizia a tre spigoli via via si intorbidisce, dando vita ad un percorso di relazioni indefinibili che porterà ad una fine tragica (anzi a tre fini, perchè, come dice l’Arienti, ogni film coreano ha almeno tre finali).
Splendida la fotografia, la migliore vista fin’ora, ulteriore vanto di un film che regge sempre, anche grazie alla virata verso il thriller psicologico. Super promosso.

Scopro che da oggi inizia la 3jours pass: vale a dire che minorenni di tutti i sessi tra i 18 e 28 anni hanno il diritto di scorrazzare liberamente per il festival per gli ultimi tre giorni. La loro presenza è a dir poco palpabile, sia a livello visivo, con tanti culetti da far gioire gli occhi, sia a livello auditivo, con chiacchiere continue durante le proiezioni.

Con tutti questi stimoli esterni è difficile rimanere concentrati, ma io resisto tenacemente ed il mio impegno viene premiato con l’arrivo di un film che mi entusiasma, Laskovoe Bezrazlichie Mira di Adilkahn Yerzhanov, film kazako che è stato una bellissima sorpresa. Una storia alla Karurismaki, un po’ una favola tragica con la bella oberata di debiti e l’eroe, che tradisce un amico. Una storia d’amore tra persone confinate ai margini della società che, nonostante tutto, credono ancora che l’affetto sia l’unica cosa che possa valere qualcosa al mondo (e per questo pagheranno amaramente).
Splendida regia, non sempre didatticamente a posto, ma molto calda e coinvolgente. I bravissimi attori si muovono in una sceneggiatura semplice ma efficace, che racconta una storia vecchia quanto il mondo, ma che sembra sempre valida. Bellissima la protagonista, che ci regala la sua presenza in sala: splendida anche dal vivo. Moltissimi applausi.

Prima della proiezione del film ho fatto conoscenza con la mia vicina di posto (so che anche voi ci sperate, ma no, non è Cate Blanchett): ho ancora dubbi sulle sue origini, dal momento che padroneggiava alla perfezione tutte le lingue che conosco. Mi chiede se vado a qualche festa e io le rispondo che a malapena la sera riesco ad arrivare a casa, dopo la maratona di proiezioni…ahia, già mi guarda storto. Poi mi racconta di quanto le sia piaciuto Dogman, dando per scontato che io, da diligente connazionale del regista, lo abbia visto, ma mi tocca fermarla e dirle che lo vedrò in Italia, che non ho questa urgenza. Lei smette di parlarmi.
Dopo la faccia di John Travolta questa è la cosa che mi ha più sorpreso del Festival.

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