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#Cannes2019 -Parad’x Stories

di il 03/06/2019
 

22 Marzo 2019. Palais des Festivals et des congrès de Cannes. Ufficio Accrediti.

Jean Paul Charon è chino sulla sua scrivania. La concentrazione estrema gli disegna pieghe da sharpei sulla fronte abbronzata. Le Turbillon rompe brutalmente il silenzio.

“Sì?”

“Jean Paul…

“Amélie! Dove cazzo sei finita? Ti sto chiamando da due giorni ed il telefono suona sempre a vuoto! Pensavo ce l’avessi con me, senti… Due giorni e sto cazzo di Festival è finito… Mi invento un incontro di lavoro e ce ne andiamo due giorni a… Ho un sospensorio chiodato nuovo dalla Russia che…

“Jean Paul, ascoltami bene. Sono stata rapita…

“Cosa?”

“Fammi parlare. Sono chiusa in un seminterrato chissà dove. Devi fare immediatamente una cosa…

“Rapita? Ma da chi? Dai gilets jaunes? Maledetti sovversivi, lo dicevo io…

“Taci, Jean Paul. Non sono i gilets jaunes. Sono quelli della Cricchetta. Vogliono immediatamente due inviti per Tarantino e relativa festa. Vogliono anche la borsa ed il giubbetto di Once Upon A Time In Hollywood. Altrimenti…

“Altrimenti?” un bicchiere di Courvoisier cade sul tappeto persiano. Thud

“Altrimenti mi fanno vedere la filmografia completa di Lav Diaz senza interruzione… Ho appena visto tutto The Woman Who Left con sottotitoli in danese… Mi hanno messo due pinze sugli occhi come ad Alex in Clockwork Orange… Jean Paul, aiutami….

“BASTARDI! Proprio un film che ha vinto il Leone d’Oro!”

23 Marzo 2019. Backroom del Parad’x in Rue des Minosas

Ultimo giorno a Cannes. Esco dalla porta sul retro per avviarmi speranzoso verso la Croisette, alcuni dei film che attendevo sono concentrati nella giornata odierna. Dopo aver visto sul web la coda sulla vetta dell’Everest credo riuscirò a vivere meglio le file chilometriche di questa edizione. Allonsanfan!

Vivarium di Lorcan Finnegan. Distopia portami via. Film che piacerà un sacco ai ballardiani come il sottoscritto. Una giovane coppia alla ricerca della loro primo nido d’amore finisce in una agenzia immobiliare dove l’incontro con un impiegato decisamente strano stabilisce già il tono surreale che caratterizzerà in seguito tutta la storia. Dopo aver seguito non troppo convintamente l’agente per una visita ad un nuovo complesso residenziale, descritto entusiasticamente near enough and far enough, i due si ritrovano intrappolati senza via di uscita in una suburbia fatta di una successione infinita di case a schiera tutte uguali e nuvole perfette alla Magritte. Visivamente stupefacente e allegoricamente sempre brillante, Vivarium sarà sicuramente criticato come una puntata lunga di Black Mirror. Come se questo fosse un difetto…

Lillian di Andreas Horvath. E con Vivarium fanno due gran film di seguito, cose da non crederci. Ispirato ad una storia realmente accaduta negli anni 20, Lillian è uno dei road movies più affascinanti ed ipnotici che abbia mai visto. La protagonista, l’esordiente Patrycja Planik, decide di intraprendere il viaggio di ritorno a piedi verso la sua nativa Russia. Non sappiamo i suoi veri motivi – non certo la scadenza del suo passaporto che vediamo ad inizio film – ma la telecamera la segue mentre attraversa tutti gli States. La sua è una determinazione cieca ed assoluta e nessun ostacolo sembra poterla fermare. I paesaggi e la fotografia sono assolutamente straordinari ma è Lillian a riempire tutta la scena con la sua presenza animale. E la telecamera ci fa vivere questa storia di sopravvivenza da vicinissimo, con i peli che crescono come ad un calciatore, le  mestruazioni sulle gambe, le abluzioni sommarie nei lavabi delle stazioni di servizio, la sporcizia, le cene a base di croste di pizza avanzate trovate nei cassonetti, le labbra spaccate dalla siccità. Non c’è bisogno di parlare, nessuna fastidiosa voce narrante. Lillian non proferirà una singola parola per tutta la durata del film. E poche sono le parole che escono anche dalla bocca delle comparse, le bellissime riprese delle comunità rurali che Lilian incontra sono spesso accompagnate solo dal broadcast della radio locale del posto. Un film viscerale come raramente capita di vedere. Qualcosa che lascia il segno, un Into The Wild ancora più intenso.

Dopo due botti del genere avevo l’assoluta necessità di vedere un film brutto, qualcosa per abbassare l’adrenalina. Ed allora ecco accorrere in mio soccorso Por El Dinero di Alejo Moguillansky. Ma non voglio essere ingiusto, il film argentino non è assolutamente brutto. È aberrante. Vorrebbe essere una dark comedy ma non fa ridere, non è intelligente e neppure originale. Segue le disavventure di una troupe teatrale del tutto improvvisata, situazione che evidentemente il regista e compagnia condividono in pieno. Davvero incomprensibile come una vaccata simile abbia trovato la strada del festival di Cannes.

Quindici minuti di ovazione invece per Dogs Don’t Wear Pants di Jukka-Pekka Valkeapää. Difficile pensare ad una maniera più originale e brillante di esplorare un’elaborazione del lutto. Juha è un cardiochirurgo che stenta a superare il dramma della perdita della moglie. L’incontro del tutto casuale con una dominatrice sconvolgerà completamente la sua vita e gli aprirà delle prospettive insospettate. Una dark comedy diretta in maniera magistrale che riesce a giocare agilmente su più registri, passando da siparietti quasi slapstick a situazioni surreali fino a momenti veramente toccanti. Non credo che il mondo BDSM sia mai stato descritto in maniera così empatica, cercando più le motivazioni individuali che il titillamento cheap dello spettatore. La scena finale è un trionfo catartico che ha emozionato realmente tutto il pubblico. Chapeau! Anzi, guinzaglio…

À la prochaine, mes criquetaires…

 

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