Amo il Far East Film Festival.
Quest’anno, come spesso accade a Udine, la giuria – formata dal pubblico in sala che vota dopo ogni proiezione – ha premiato principalmente commedie (Extreme Job, Fly Me to the Saitama) e film strappalacrime, stavolta versione con malati (Still Human). Non sono film brutti, per carità, ma sono (tutto fuorché stranamente) quei-film-li™. Lo ha fatto così, in scioltezza, soddisfatta, come se ogni giorno gli stessi argomenti non venissero enfatizzati già abbastanza dalla TV del primo pomeriggio. Ok, lo so che c’è un lato positivo nella faccenda: sto invecchiando, mi servono sempre più sicurezze a cui far aggrappare le mani tremolanti e sapere che la platea udinese non cambia mai in qualche modo mi rincuora. Rimane un unico rimorso: peccato non sia stato proiettato anche il classico film col bambino protagonista tanto tenero, indifeso e pieno di coraggio, meglio se povero o malato pure lui, altrimenti avremmo avuto il podio già bello che completo prima dell’inizio del festival, facendo risparmiare conteggi ai bellissimi e gentilissimi volontari.
Gli argomenti ritriti, già ampiamente battuti e i sentimenti facili di basso ventre, ovvero quelli da veicolare coi soliti trucchi del mestiere sono apprezzati dai più perché ritenuti all’interno della propria confort-zone, quella in cui c’è tutto il già visto, già sentito e già valutato. Il terrore della reazione ad uno stimolo diverso, nuovo e originale allontana, fa chiudere a riccio e irrigidisce chi è abituato a viaggiare su binari preordinati. Il banalissimo circolo vizioso segue sempre lo stesso schema:
“Non lo riconosco -> non lo capisco -> non mi piace -> faccio vincere i lacrimoni”
Com’è possibile che nel 2019 la gente lo segua ancora? Non si annoiano mai? Davvero la vita è così funerea da far immedesimare solo nel dolore, da coprire al massimo con qualche risata grassa?
Se il festival fa benissimo a mantenere fede al proprio motivo d’orgoglio, cioè quello di presentare al pubblico italiano il cinema Popolare asiatico, l’imbarazzo non può che essere provato per il palato del Popolo. Plagiato da chi tiene a non farlo evolvere. Nell’Italia della medio borghesia la cultura é palesemente schiacciata ai voleri dei network e i gusti vengono inoculati come virus inestirpabili. Il gioco è diabolico soprattutto perché è in grado di risultare invisibile a chi ne fa parte. Dico, almeno Matrix lo avranno visto?
Il problema ora è chiaro ma, come dice Doug Stanhope nei suoi magistrali spettacoli, quando si trova un problema è inutile parlarne se poi non si propone al tempo stesso una soluzione, giusto? Eccola: invece di assegnare due premi popolari molto simili – attingono dallo stesso bacino – far assegnare il Black dragon award ad una giuria di esperti. Se proprio si vuole rimanere a costo zero, darlo in mano agli accreditati “Media”, almeno sono del mestiere. Risolto.
Lasciamo pure scegliere il primo posto assoluto al popolo ma almeno quello della critica per favore facciamolo decidere da chi ha preferito la pillola rossa, altrimenti il suo sacrificio per il bene della storia dell’umanità sarà stato vano. Insomma, vista l’ovvia ridondanza coi gusti del Popolo e di conseguenza la dubbia capacità critica dei pigri che son stati disposti a spendere 200 euro per un accredito in grado di non farli faticare nel trovare posto a sedere a teatro, sarebbe ora di compiere il passo avanti di cui sopra. Magari verrebbe premiato altro oltre a film strappalacrime con malati/bambini o commedie usa e getta. Dopotutto di questo “altro” il Far East Film Festival ne è ricco.
Forse l’accredito Black Dragon nei primi anni era stato pensato e proposto come contributo a sostegno di un piccolo/nuovo festival per veri appassionati. Oggi la situazione è diversa, il FEFF è una grande realtà che attrae gente di ogni tipo e il Black Dragon se lo comprano i pensionati che vogliono stare comodi, fieri della loro poltrona assegnata. Quel cartellino non identifica di certo il grande esperto o il critico, di solito quelli sono 25nni bellissimi, maleducati, spettinati e squattrinati. Investire i pantofolai facoltosi della responsabilità di assegnare il Premio della Critica invece di darla ad una giuria non mi sembra tanto un torto al cinema quanto un torto a loro stessi. Gente che leggendo queste parole spero sia in grado di andare oltre al preistorico: “Se non ti piace il Far East Film Festival, non venirci”.