Nei dibattiti da strada sulla riuscita o meno di un’opera cinematografica, normalmente spadroneggia l’opinione dell’Ottuso Spocchioso®. Come chi è? E’ quel figuro, solitamente nell’ombra, poco socievole e troppo solo, capace di alzare la voce, sudare e agitarsi nervosamente solo quando ci si inoltra malauguratamente nel suo (spesso unico) campo da giochi.
Poi ci sono gli specialisti, i tecnici, freddi calcolatori senza fronzoli, lucidissimi, incapaci di conferire significati tra le righe, paladini che elidono il non detto, che spiazzano sparando dritto per dritto il significato verace del film, senza preoccuparsi di esporsi al ridicolo per un’ovvietà o un’ingenuità di troppo. Quelli che scelgono attentamente le parole preferendo sempre quella più ricercata. Noiosissimi, si lanciano nel vuoto senza paracadute, sicuri della mano di Dio a proteggerli.
E’ sguazzando in questa fauna, strisciando viscidamente da un angolo all’altro, aggirandomi tra scarpe nuove tirate a lucido, fumo di sigarette e starlette davanti alle porte del Teatro, che rubo opinioni con le orecchie.
Morale della favola, se il penultimo gradino della scala dei critici sono gli Ottusi Spocchiosi®, allora l’ultimo lo tengo per me, la sanguisuga, fiero di un primato. Dopotutto, a chi importa del penultimo e del secondo posto in una classifica?
Il parere dell’Ottuso Spocchioso®
Un drammone ambientato per lo più in aula di tribunale, girato e montato con taglio da film action, a tratti cartoonesco, con tanto di combattimento contro il boss finale tipo video game e il sacrificio degli eroi, tipo Alien.
L’eccessiva lunghezza della pellicola viene perdonata dalle saltuarie battute comiche azzeccate e una recitazione perfetta.
Non certo memorabile.
Se invece vogliamo succhiar via dallo schermo una visione tecnica, da una specialista in materia, allora:
in un epoca in cui avere il cognome sembra avere la meglio su ogni tentativo illuminista di rendere gli uomini tutti uguali, ha ancora senso nutrire una cieca fiducia nel sistema giudiziario? Secondo il demotivato avvocato Lam, no. Se le preclusioni processuali non riescono a garantire all’imputata un giusto processo, la scommessa è ottenerlo facendo leva sul buon senso e sull’ancora più buon cuore della giuria. Un legal drama che non si prende sul serio.
Consigliato per una serata stanca ma non in un periodo di depressione.