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IO CAPITANO di Matteo Garrone e le altre guide rapide alle visioni di #Venezia80, ultima parte

di il 29/06/2024
 

Il noto regista italiano firma una favoletta colorata e stereotipata, a tema immigrazione, tagliata su misura per compiacere e confermare l’immaginario collettivo dell’italiano medio.
Una patina di sinistra veicola invece un forte messaggio di destra. L’arte come forza propulsiva punk non dovrebbe mai piegarsi con deferenza allo status quo. Dovrebbe piuttosto far luce sulle pieghe, gli interstizi bui e le ombre. L’arte lotta, non asseconda.
Mi auguro per Garrone, che per una manciata di secondi prova pure ad uscire dal binario della banalità, che diventi almeno un successo commerciale.
Resta qualche bella fotografia di paesaggi africani.

VERMIN (VERMINES) di Sébastien Vaniček
Presentando il film, l’elegantissimo regista afferma dal palco che si accorgerà di aver fatto un buon lavoro se il pubblico in sala urlerà o se, tornati a casa, nessuno dei presenti ucciderà di nuovo un ragno. Poi, ahinoi, rovina tutto dicendo che l’invasione di ragni killer nel palazzone popolare è una metafora del nuovo capitalismo.
Un presagio.
Il film segue la stessa sorte autolesionista dell’intervista iniziale: la festa-trash di effetti speciali old school fatti di pupazzoni e CGI super economica viene bruscamente rovinata dalla ricerca frettolosa di velleità cinematografiche. Il regista spinge verso una storia di sacrificio e amicizia, ammosciando quella pallida speranza con cui aveva inizialmente illuso il pubblico.
Sébastien, la prossima volta più coraggio e meno paraculaggine.

COUP! di Austin Stark, Joseph Schuman
L’ineluttabilità del sistema, raccontata con intelligenza beffarda, disturbante e illuminanante. La lotta di classe come inutile, breve, soddisfazione, simile al pisciarsi addosso una volta sopraffatti dalla morsa del freddo in un ghiacciaio.
In extremis, il penultimo giorno di #venezia80, il miglior film della manifestazione. A metà tra Lanthimos e proprio quel Franco che, in concorso, invece affoga in una mesta andropausa senile.
La frase da ricordare: “Qual era la sua colpa?”
Consigliato!

 

Willie Pep a Rocky lo spezza in due.

 

THE #FEATHERWEIGHT di Robert Kolodny è il film definitivo sull’epoca d’oro della boxe. Si erige a monumento senza nemmeno un incontro, senza il sogno americano e senza il solito patriottismo infantile.
“Less is more” è più di uno slogan.

VAMPIRE HUMANISTE CHERCHE SUICIDAIRE CONSENTANT di Ariane Louis-Seize
Vampiro umanista cerca suicidi consenzienti, il titolo più bello di #Venezia80 , è una teen-romance vampiresca, mix tra Twilight e il capolavoro A Girl Walks Home Alone at Night, ma senza la stessa intensità.
Se la regista avesse lasciato più spazio alle, poche, ottime idee ironiche/iconiche e meno a banali sentimentalismi sarebbe stato magnifico. Stupenda la sigla finale

DAAAAAALI! di Quentin Dupieux
Questa volta il multiverso diventa una tecnica per rappresentare cinematograficamente l’eccentricità dell’artista Dalì, nell’intento di omaggiarlo. Il susseguirsi di siparietti paradossali a metà tra il meta-sogno ed il meta-cinema sono giocattolini che il regista mette nelle mani di ciascun attore senza preoccuparsi troppo di come verranno usati. Consigliato per quando si ha voglia di giocare.

Al prossimo anno!

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