Da bambino tenevo un quaderno in cui attaccavo tutte le foto di Grace Jones, Donna Summer e Loredana Bertè che trovavo nei giornali. Cementavo cosi eventuali dubbi sul mio orientamento sessuale.
A giugno di quest’anno, al Primavera Sound di Barcellona, ho visto per la seconda volta un concerto di Grace Jones, a 27 anni dal primo: quasi settantenne è uscita nel palco con le tette di fuori, dipinta in tutto il corpo dal famoso disegno che le fece Ketih Haring per lo scatto di Robert Mapplethorpe.
Ha ballato, cantato e intrattenuto come se l’età fosse una cosa che davvero non la riguardasse. Grace Jones è un totem della vita artistica degli ultimi 50 anni. Come Amanda Lear (con una voce senza dubbio migliore), è partita dalla disco music per approdare a cinema, moda e televisione. Ha vissuto dappertutto e ha avuto contatti con chiunque nel mondo dell’arte.
Ciò che mi è piaciuto di più in questo documentario è che, accanto alla parte glamour (che è parte integrante dell’artista), vale a dire trucco estremo, costumi, cappelli e nudità, c’è un’analisi della persona con aspetti non facilmente intuibili ad un occhio superficiale. Innanzi tutto, accanto alla sua estravaganza ed estremismo (in più di qualche spezzone appare notevolmente su di giri, marcissima che balla in discoteca, piena di qualsiasi cosa che discute del passato con amici), appare una Grace in controllo, che sa gestire i suoi affari e il suo personaggio (del resto per arrivare integra con la fama a 70 anni, uno spirito di autoconservazione deve esserci).
Sorprende il legame con la sua terra, la Giamaica e le sue radici, i suoi familiari. Incredibile il racconto della sua infanzia, con un nonno acquisito violento e prepotente che ha fatto passare i primi anni suoi e dei suoi fratelli tra privazioni, punizioni e botte, una vita in cui tutto era superfluo in nome della religione, e quindi evitabile; cosa che uno non si aspetterebbe mai dalla regina della trasgressione e dei costumi azzardati. Grace già da bambina era forte e stoica, insopportabile e fiera, sfidava i castighi pur di mettersi lo smalto o un vestito meno monacale.
Oltre ai video di parti di concerti, in cui si può ammirare l’incredibile naturalezza con cui occupa il campo, vengono mostrati momenti in studio di registrazione, dove la competenze musicale di Grace esce interamente.
Senza essere agiografica, Sophi Fiennes (sorella dei due più famosi Ralph e Joseph) riesce a creare un film che ritrae una leggenda contemporanea.