Certo, fa un po’ specie sentirsi dire che il miglior film visto nel primo week end del diciassettesimo Far East Film Festival – un evento che fa del cinema popolare asiatico la sua bandiera – è una pellicola ucraina concepita per il circuito d’autore e le sale d’essai, eppure è così: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskiy è un capolavoro noto ai più in quanto recitato completamente col linguaggio dei segni. Angosciante, violentissimo, sporco e crudo ha schiacciato sulle poltrone fino ad oltre le due di notte una platea di spettatori sfiniti da 10 ore di film sulle spalle. Se la collaborazione con il Sitges film festival permetterà di aumentare reciprocamente la popolarità delle due manifestazioni e porta sul grande schermo della provincialissima e bella italietta titoli di altissimo livello pressochè introvabili come tutti quelli in programma nello spettacolo di mezzanotte, beh, ben venga, tutto ha un senso e gli spettatori non possono che gioire.
In questo primo week end i film asiatici sono stati quasi tutti robusti e tecnicamente di alto livello ma, nella stragrande maggioranza dei casi, si sono adagiati su una media artistica piatta pur regalando al solito pubblico – entusiasta e spesso ingenuo – una discreta dose di godimento. Da questo limbo di medio-borghesia cinematografica si scostano solo pochissimi film, tra cui spicca il curioso The Kingdom of dreams and madness, documentario sul noto regista e animatore Miyazaki, una bella panoramica sulla persona più che sul personaggio, con tutte le contraddizioni esistenziali che delineano da sempre il genio, ovvero quello che può permettersi di dire e fare tutto ed il contrario di tutto, risultando sempre coerente. Ne esce così un uomo che è bambino e adulto, strafottente e gentile, rigido e amichevole, autoritario e autorevole, temuto e amato, entusiasta e depresso, giocoso e snob, supponente ed educato. Uno spaccato interessante sulla vita di un regista che, nell’unicità che incarna, ha iniziato un’epoca che con lui finisce. Lasciando un vuoto incolmabile. Il documentario segue la produzione del suo ultimo film prima della pensione, quello dell’addio, quello così politicamente scorretto visto a Venezia, quello che segue il tecnicamente incredibile Ponyo sulla scogliera: il bellissimo Si alza il vento. Senza Miyazaki la vita di tutti gli appassionati di cinema sarà diversa, impoverita e unidimensionale. Potrebbe sembrare un controsenso il dirlo di un artista che disegna a mano ogni fotogramma in un’epoca di film in 3D, ma non lo è. Senza i suoi film il mondo sarà un posto ancora peggiore.
Si distinguono dalla massa per la loro eccellenza anche i due film di prima serata di sabato e domenica: Kung Fu Jungle, il monumentale omaggio al cinema tradizionale di Hong Kong sulle arti marziali, e Women Who Flirt, una commedia romantica intelligente, scritta benissimo, piena di idee e divertente, l’unica tra tutte quelle viste che non ha provato a riciclare sentimenti vecchi, musiche vecchie e meccanismi vecchi per compiacere il pubblico. L’unica onesta insomma. Meno risate in sala rispetto ai rutti di cellulioide del pessimo Rubbers o del lacrimevole patetico drammone storico-sociale Ode to My Father (di gran lunga i due titoli di qualità artistica più bassa, nonostante il grande consenso di pubblico) ma certamente più intelligente.
Menzione speciale per The gifted, film dell’immancabile C. Martinez che, anche senza la star filippina E. Domingo, vince la platea dimostrandosi il vero punto nevralgico dei tanti successi del passato. Per ciò che riguarda il gossip si può segnalare principalmente lei:
Non importa che film abbia fatto o quanto brava sia stata. Non importa a nessuno. Soprattutto a quella massa di caproni che ha lasciato la sala mezza vuota durante la proiezione di The Young Master per poi affollarsi tanto da, a momenti, sfondare le porte del cinema per fare una foto al divo Jackie Chan intervenuto a fine proiezione. Questo dimostra quanto la cultura televisiva occupi la maggior parte del cervello anche in un gruppo d’èlite come l’adorabile appassionato multicolore pubblico del Far East.
Dopo la prima maratona del weekend gli occhi hanno virato al viola scuro, ma so che finchè non vedo allo specchio il rosso acceso non sono a rischio aneurisma. Ci conto. Per ora nulla che il fantomatico mr. Collirio non possa tamponare. Il Far East sa mettere alla frusta anche gli Eroi Romantici® più incalliti.
Ci vediamo domani