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#TSFF36 – Occasioni perse al Trieste Film Festival

di il 23/02/2025
 

MORD di Adam Martinez (3/5)
Nonostante non sfugga nemmeno ad un cliché sulla famiglia di campagna, e i personaggi siano un po’ tagliati con l’accetta, il film a livello narrativo ha la qualità di riuscire ad essere sempre centrato e concreto. La storia si sviluppa attorno all’uccisione del maiale a casa di un contadino, con tutta la famiglia e amici riuniti, in quest’epoca di politicamente corretto la scelta di questo plot diventa quasi militanza.

Gli attori sono sempre credibili, anche se il realtà il ruolo del protagonista viene interpretato dal figlio del regista e, come questo ha subito specificato, non è un attore professionista. Terrà gli spettatori lontani dalla carne per giorni.

 

Sonia Prosenc, regista di Family Therapy

 

KREAS di Dimitris Nakos (3/5)
Il film è fatto molto bene, è ben interpretato. Parla del figlio cattivo e poco intelligente (due proprietà esplosive se chiuse nella stessa persona) in contraste lotta con un ragazzo leale, intelligente e capace. L’uso frenetico e nervoso della camera da presa serve per descrivere la situazione di contrasto e lotta tra due famiglie.
Purtroppo dopo un paio di inquadrature, già si ha l’idea di cosa accadrà e di come procederà la trama. Perché il regista ha voluto essere così prevedibile? Ho cercato di capirlo per l’intero film, ma non ci sono riuscito.

Potrebbe andare bene al cinema, anche se dubito fortemente che riesca a trovare una distribuzione.

 

Dimitri Nakos, regista di Kreas

 

TOXIC di Saule Bliuvate (3/5)
Film vincitore del 36simo Trieste film Festival nella sezione lungometraggi, non tra i miei favoriti. La regista compie un esercizio pericoloso: descrivere la vita di due ragazzine annoiate in un paesino di provincia, praticamente il tema di un decimo dei film che vengono prodotti attualmente. Terreno troppo, troppo battuto.

Cosa funziona:

  • le due attrici sono sempre credibili e molto brave
  • il mondo della moda, visto in maniera diversa dal solito, un posto bislacco e raffazzonato
  • la miseria della cittadina è quasi palpabile

Cosa non funziona:

  • adulti visti in questa maniera terribile è un po’ troppo un clichè, si poteva fare lo sforzo di caratterizzare i personaggi non giovani in modo più profondo e realistico
  • spaccati di vita  come questo se ne sono visti molti al cinema, fermare la camera fissa e lasciar passare le immagini è qualcosa che non racconta più tanto: bisognerebbe affidarsi a delle storie più composite.

Poi nel complesso il film in qualche modo funziona, bisogna capire se riuscirà ad avere una vita nei cinema.

 

FAMILY THERAPY di Sonja Prosenc (3/5)
Se decidi di fare un film con una struttura particolare, basato sull’ironia e sul grottesco, devi farlo perfetto, perché anche solo qualche sbavatura lo distrugge. Son film molto delicati, non facili da maneggiare e per questo non sulle corde di tutti. E’ un campo da giochi in cui oggigiorno regna incontrastato solo Ruben Östlund (Triangle of Sadness 2022).

La trama vede un ragazzo unirsi ad una famiglia molto agiata. Senza scomodare Teorema di Pasolini e Il sacrificio del cervo sacro di Lanthimos, questo ragazzo sconvolge il ritmo familiare, piuttosto abitudinario. Intorno scorrono scene di vita quotidiana, rilette in chiave surrealista.

Credo che la pretenziosità sia, tra tutti, il difetto maggiore di questa pellicola: sono più che d’accordo con l’intento di voler esagerare e scardinare metodi narrativi classici, ma non è solo mettendo belle fotografie una dopo l’altra che si riesce. Senza dubbio, un’occasione sprecata.

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