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Ultime 7 Pillole da #Venezia79 : Athena, Palimpest, Les enfants des autres, The eternal daughter, Bones and all, Siccità e Blonde

di il 25/06/2023
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Nonostante già si agiti e fermenti il desiderio per la nuova edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, concludiamo oggi i racconti di quella precedente, con le ultime pillole:

ATHENA di Romain Gavras
Guerriglia urbana iper-adrenalinica del ghetto, nei vicoli e nei corridoi dei palazzoni popolari di #Athena, in Francia. Pugni, manganelli, urla e corse. Si prende molto sul serio e non vorrebbe si sorridesse nemmeno di fronte a un gruppo criminale armato quasi esclusivamente di fuochi d’artificio.
Un suggerimento al regista: il realismo spudorato dei lunghissimi piano sequenza (quello introduttivo è da storia del cinema) rompe la regola magna del DAMS: non si inquadrano MAI persone di spalle mentre camminano.
In questo mare di machismo testosteronico gode anche chi ama generi meno diseducativi, il porno ad esempio: c’è infatti un mulatto con un six-pack da paura che impenna in moto a petto nudo, e tanto mi basta.
Consigliato.

 

PALIMPSEST di Hanna Västinsalo
Pellicola finlandese sorprendentemente geniale.
Non solo perché con due lire a disposizione per la produzione (fa parte della sezione Biennale College Cinema) è venuto fuori un gioiellino, ma perché, sebbene lo spettatore debba pazientare la prima mezz’oretta, non ho trovato grossi errori in nessun fronte.
È il sogno di molti avere una seconda possibilità, vivere una vita intera, arrivare con un piede nella fossa e poi con un’iniezione far fare un balzo indietro al corpo e rivivere la giovinezza o, perché no, l’infanzia.
Idea non nuovissima, ok, ma è affrontata con ironia e freschezza, il film è piacevolmente empatico e leggero.
L’innamoramento è descritto esattamente per com’è veramente: un’ossessione, dove si è disposti ad annullarsi pur di stare accanto all’innamorato.
Il ritmo dell’alfabeto cinematografico segue passo passo quello dalla storia. In un primo momento dominata da lunghi silenzi e primi piani insistenti (due ottantenni condividono, oltre alla stanza, paure e sogni), poi accelera delicatamente attraverso i racconti delle loro seconde occasioni.
Hanna Västinsalo e tutti gli interpreti protagonisti d’ora in poi saranno sotto l’occhio attento della Cricchetta del cinemino.

LES ENFANTS DES AUTRES di Rebecca Zlotowski
Coraggioso. In un’epoca di quote rosa, pari opportunità e #metoo, finalmente un film ferocemente anti-femminista, per di più girato proprio da una donna.
Non solo mostra la protagonista in un vortice di disperazione sempre più irrecuperabile man mano che il suo orologio biologico batte gli ultimi rintocchi, prosciugando le ovaie, ma, a conferma del messaggio misogino, la vede rifiutare un innamoramento genuino per via delle scarse probabilità che esso porti ad una fecondazione.
Nel 2022, urlare da un palcoscenico internazionale che la coppia binaria ha come unico scopo quello di garantire una nuova generazione alla specie umana è uno dei messaggi più violenti che mi sia capitato di dover soffrire al cinema.
Il peggior lungometraggio in concorso.
Sconsigliato!

 

THE ETHERNAL DAUGHTER di Joanna Hogg
Pur aprendosi con la scena che battezza ogni horror sin da tempi immemori, quella della macchina che percorre una strada in mezzo al bosco sotto un cielo plumbeo e minaccioso, si capisce subito che c’è qualcosa che non va: l’inquadratura non è fatta come è d’uso nell’età moderna, in prospettiva drone, bensì frontalmente, in guisa assai retrò. La patina da pellicola anni ’80 è l’elemento più significativo del film e forse anche della sua trama, che purtroppo si appiattisce intorno ad un un’unica idea malconcia, appena abbozzata.
Occasione sprecata.
L’uso duplice dell’attrice protagonista mi ha provocato invece un sincero imbarazzo.

BONES AND ALL di Luca Guadagnino
Un piattissimo Road Movie Romantico per adolescenti, in cui ogni tanto e del tutto marginalmente alla trama ammazzano qualcuno: stratagemma paraculo della produzione per far parlare del film ai media.
La storia non parte e non arriva da nessuna parte, inconsistente, cammina in cerchio. Poco ispirato, noioso e con saltuaria comicità involontaria.
Un amore vacuo, descritto in maniera superficiale e come mille altri, lascia almeno al cervello affamato dello spettatore la libertà di trovare soddisfazione tramite insulti variopinti da rivolgere al regista. È un peccato aver sprecato in un film del genere un personaggio azzeccato come Sully.
Anche questo, come tutti i film di Guadagnino, è un involucro vuoto ma, stavolta, nemmeno la confezione è sontuosa. Temo perderà credito anche tra i suoi fan più pop.
Fischi in sala a fine proiezione stampa.
Sconsigliato

 

 

Dentro BLONDE, il sudatissimo film su Marilyn Monroe di Andrew Dominik, c’è talmente tanto grande cinema che non me la sento di sconsigliarlo, nonostante sarebbe semplice da demolire.
Rappresenta ad oggi lo stato dell’arte della tecnica cinematografica: cambia colore e formato, cambia tono, cambia taglio, sfoca, sdoppia, rovescia. Va dal sogno psicotico alla commedia. Dal dramma al musical. In una scena inquadra le labbra uterine direttamente da dentro la vulva. È come se il regista fosse intrappolato in una crisi ossessivo compulsiva dettata dal terrore di essere o apparire a corto di idee.
Il pregio più apprezzabile della pellicola è che non si tratta del solito biopic in cui la persona di successo viene poi schiacciata e uccisa dal personaggio: non è una sfida Norma Jean contro Marilyn Monroe ma Norma Jean contro Norma Jean.
I difetti nascono tutti dall’enormità delle sue ambizioni. Come sempre, è nel momento in cui un artista s’innamora della propria opera magna che iniziano ad aprirsi le prime crepe.

Infine, mi domando amaramente, perché c’è uno come Paolo Virzì alla mostra del cinema di Venezia? Personaggio sicuramente simpatico e carino, ma cosa c’entra con l’arte cinematografica?
I temi trattati in SICCITÀ sono virus e siccità, Virzì non sembra esattamente un Cuor Di Leone in quanto a decidere o meno se cavalcare l’onda. Posso perdonare l’esser pavidi cercando una rete di salvataggio per cadere comunque in piedi in un momento economico così imperscrutabile ma, nonostante la buona produzione, ci si trova davanti a:

  • dialetto romano
  • starlette da rotocalco in cerca di fortuna
  • prove d’attore caserecce
  • la fidanzata giovane dell’amico del produttore
  • stereotipi a mani piene
  • personaggi macchietta tagliati con l’accetta a prova di nonna inferma sulla carrozzina davanti alla TV della sala d’attesa in ospizio

Il messaggio è di una banalità sconcertante.
È pieno, insomma, dei soliti tumori che rendono quello italiano il peggior cinema al mondo.
Magari il regista è bravo e veramente l’Italia è questa, è solo che me ne vergogno.
Se iniziamo a premiare anche i film TV da primo pomeriggio allora sì che butta male.

Al prossimo anno!

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