Esci dalla sala ed il cervello rutta un’idea. Scariche elettriche sinaptiche, mica pensieri, probabilmente utili solo alla manutenzione fisiologica dei neuroni. Capita a tutti e non se ne può fare a meno.
In attesa dei racconti completi ecco i giudizi di prima istanza dal Lido:
- One on one di Kim Ki-duk: Un Kim addormentato che prova a fare una cosa solida dopo la sciolta dello scorso anno.
- The Goob di Guy Myhill: Tra miseria umana ed intellettuale un padre gay represso tiranneggia nella campagna bifolca.
- The President di Moshen Makhmalbaf: Un Gandalf georgiano in una tragedia politica intelligente e autoironoca. Peccato per la presenza del ragazzino e la lunghezza smodata del film
- The Look of Silence di Joshua Oppenheimer: questo film ci insegna che: bere sangue umano è l’unico modo per non impazzire in una mattanza Anticomunista.
- Qin’ai de (Dearest) di Peter Ho-Sun Chan: due puntate di una telenovela in cui si apprende che anche i rapitori hanno un’etica. Rapire donne si, rapire bambini no.
- Birdman di A. Inarritu: Piani sequenza come se non ci fosse domani, batteria in&out scena, cerebralità. Innarritu al suo meglio. Aka scorreggina
- La racon de la glorie di X. Beauvois: Peccato che Mike Bongiorno non avesse il maggiordomo di Charlie Chaplin
- Reality di Q. Dupieux: Quasi una parodia di Inland Empire: regge mezz’ora, ma poi stanca. Noioso no sense low budget
- Ghesseha di R. Banietemad: Docufiction di protesta iraniano che ricorda i dossier delle tv private sugli operai di porto Marghera a protestare in canottiera. 5 pecorelle, noia massima.
- Im Keller di Ulrich Seidl: Il film più estremo di Seidl è un documentario. L’evento della mostra del cinema di quest’anno. Capolavoro!
- Le nuits d’ètė di Mario Fanfani: Travestitismo e borghesia nella Francia di fine anni ’50: più colore che calore, e il finale conciliante fa storcer il naso
- Anime nere di F. Munzi: Montalbano senza nemmeno Zingaretti, virato in grigio. Prima serata rai 1
- Le nuits d’ètė di Mario Fanfani: Travestitismo e borghesia nella Francia di fine anni ’50: più colore che calore, e il finale conciliante fa storcer il naso
- Binguan di Xin Yukun: Storia nera, bell’intreccio di personaggi e (ironiche) coincidenze. Solo un po’ acerbo, ma vale la pena perderci la pennica post pranzo
- Blood Cells di L. Seomore: Visivamente non banale ma troppo tirato per le lunghe
- Mita Tova di S. Maymon e T. Granit: Commedia nera che vorrebbe far piangere e ridere. Ed ogni tanto azzecca una battuta
- The humbling di Barry Levinson: Il film tratto dal romanzo di un vecchio, diretto da un vecchio, interpretato da un vecchio. Vecchio.
- Ich seh Ich seh di V. Franz e S. Fiala: Due gemelli e una madre per un horror di psiche e super colla. Va calmo, ma i pugni non scherzano. Sponsor Seidl, siete avvertiti
- 3 coeurs di B. Jacquot: Talmente irrealistico da sembrare fantascienza. Squallidi amori senili spacciati per profondi. Senza la Gainsbourg sarebbe solo un film francese
- Manglehorn di D Green con Al Pacino: La carineria dei vecchi tromboni che raccontano la loro storia ad altri loro simili. Gerietrico e superficiale.
- Asha Jaoar Majhe di A. Sengupta: Nel Bengala in recessione, amore, lavoro e quotidiano. Con 2 personaggi alla Calvino. Zero dialoghi, eppure non pesa.
- Takva su pravila di Ognjen Svilicic: Grigiume e (inutile) rettitudine del quotidiano in un dramma famigliare croato. Sciatto e triste, e non in senso buono.
- Near Death Experience di Benoît Delépine: Houellebecq vaga, quasi personaggio di A. Serra, in cerca di ispirazione al suicidio. Non facile, ma la resistenza infine paga.
- Metamorphes di Christophe Honoré. Sciatte nudità per una sgrausa lettura del capolavoro di Ovidio. Incomprensibile presenza a Venezia.
- Loin des hommes di David Oelhoffen. Road buddy movie con ammazzi di guerra algerino-francese. Viggo dal brutto francese non fasullizza più di tanto.
Belluscone di F. Maresco: Puntatona tra cinico tv e le iene. Riuscita e almeno non in concorso. - The smell of us di Larry Clark: Nonostante le i coomenti omofobi a fine proiezione ne esce un film di profonda maralità.
- Retour a Ithaque di L. Cantet: Notte di chiacchiere tra vecchi amici a l’Avana, scivola dal leggero nostalgia al greve rimpianto. Molto scritto, ma funziona.
- Villa Touma di Suha Arraf: A Ramallah, 3 sorelle cristiano-borghesi e una nipote incongura: un microcosmo intrigante, ma lo sviluppo drammatico si sgonfia presto.
- Hungry Hearts di S. Costanzo: Un quasi horror vegano. Un film quasi riuscito.
- The cut di F. Akin: Fosse stato privato di tutta la prima mezzora il film avrebbe convinto. Alcune prove d’attore risibili
- The lack di Masbedo: Demo video da allegare alla domanda di assunzione per un posto da responsabile della fotografia proiettato alla presenza di amici e parenti.
- He Ovat Paenneet di J. P. Valkeapaa: La fuga di due ragazzini borderline diventa un road movie un po’ standard fino alla mezz’ora finale, sorprendente.
- Il Giovane Favoloso di M. Martone: Biopic letterario un po’ troppo classico, in bene e in male, che si infiamma solo nel segmento napoletano.
- Nymphomaniac volume I long version di Lars Von Trier: Non aggiunge nulla alla versione uscita in sala
- Nynphomaniac vol. II. di Lars Von Trier: Il capitolo sull’aborto merita la visione. Lo pensa pure la deforme U. Turman, in sala, che non ci recita
- Nobi di S. Tsukamoto: Fires on the plain, versione zombie. Psichedelico, fracassone e superficiale come l’epoca che lo ospita
- Il piccione di Roy Andersson: Un umorismo estremamente rarefatto. Come una scorreggia. Ma quella fa molto più ridere.
- Flapping in the middle of nowhere, di Hoang Diep: Nel titolo il destino.
- Hwajang (revivre) di Im Kwon Taek: Drammone familiare su morte, separazione, tragedia e passione
- Red amnesia di W. Xiaoshuai: La Rivoluzione Culturale sparge i suoi ultimi veleni sugli anziani chiusi nella solitudine generazionale
- Sivas di K. Mujdeci: Vita rurale turca. Ragazzini, pecore a video e pecore dormienti in sala. Ci si desta solo un attimo per lo snuff canino superfluo
- Pasolini di A. Ferrara: L’unica cosa che rimane sono le parole di Pasolini.
- Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte: Vivacchia finchè compaiono 2 cd galeotti. Poi è il baratro inevitabile. Mahler si rivolta nella tomba
- The postman’s white nights di Andrej Koncalovskij: Antropologico ritratto di una piccola comunità Russa peccato che Konchalovsky non abbia la poesia di Fedorchenko
- Flowers of Taipei di Chinlin Hsieh: Interessante documento cinematografico sul grande nuovo cinema di Taiwan
- Good kill di Andrew Niccol: Il tormento di un pilota trasferito ad una console per manovrare i droni. Una serie indicibile di luoghi comuni e cliché#Venezia71
- The Golden Era di Ann Hui: Racconto biografico e letterario, forse ostico e impegnativo ma grande film
- She’s Funny That Way: Commedia degli equivoci adulta con due momenti divertenti. Per il resto solo utile strumento per un sabato sera di una relazione ormai spenta