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Venezia71 – il tempo dell’amore rubato (al lavoro) – Labour of love di Adityavikram Sengupta

di il 19/09/2014
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AFORISMA
 

L'Italia del boom come il Bengala di oggi: l'amore che (r)esiste

 

Come in quel racconto di Italo Calvino, L’avventura di due sposi (1958), che già era finito egregiamente musicato dalla coeva Canzone Triste di Sergio Liberovici, nonché pure sceneggiato qualche annetto dopo per il cinema,  nel primo episodio di Boccaccio ’70, quello diretto da Monicelli, al centro di un’elegia di amore ritagliato al tempo della sussistenza sta la storia di una coppia, separata dal lavoro e accomunata da un fugace momento di condivisione mattutino.  Stavolta siamo nello stato indiano del Bengala, ai giorni nostri, ma tra biciclette, rumori di strada e di fabbrica, schiscette e veloci pause in lunghi giorni produttivi sembra proprio di essere nell’Italia del boom industriale, quando anche la relazione amorosa prendeva le sembianze di un mezzo impaccio al progresso economico personale e collettivo, nella smania di PIL a due cifre di crescita e gana di lavatrici nuove più che di coccole casalinghe.

Labour of Love (2014)
Labour of Love poster Rating: 7.9/10 (1,316 votes)
Director: Aditya Vikram Sengupta
Writer: Aditya Vikram Sengupta
Stars: Ritwick Chakraborty, Basabdatta Chatterjee
Runtime: 84 min
Rated: Not Rated
Genre: Drama
Released: 26 Jun 2015
Plot: Set in the crumbling environs of Calcutta, Labour of Love is a lyrical unfolding of two ordinary lives suspended in the duress of a spiralling recession.

Il film del giovane, esordiente (e sorprendente) Sengupta segue i suoi due protagonisti nel loro quotidiano, un tran tran fatto di rumori, odori, ritmi, routine, e piccole fughe (quasi colpevoli) nella fantasia. Lo fa senza dialoghi o quasi, senza parole, solo coi gesti ripetitivi ma lievi, dei due interpreti; e con le (loro) immagini. Ben ideato, ben costruito, poetico nel suo narrare con i toni dell’elegia ciò che è solitamente considerato volgare (nel senso di destinato al volgo) quotidiano. La grazia dei movimenti di macchina e degli attori nei loro microcosmi (lui lavora in tipografia la notte, lei in una fabbrica tessile di giorno) fa il resto. Uno dei film più delicati e intensi visti dal sottoscritto per questa Mostra di Venezia targata 71esima dedizione, altrimenti un po’ avara di emozioni sincere, ovvero non gonfiate a pompa. Avrebbe meritato qualche premio, ma chi li premia più i sussurri quando ci sono le grida a coprirli in decibel?

Almeno la cricchetta, che si provi a farlo, orsù.

commenti
 
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  • Bad Guy
    20/09/2014 at 0:02

    “Avrebbe meritato qualche premio, ma chi li premia più i sussurri quando ci sono le grida a coprirli in decibel?”
    Ecco un altro arguto aforisma paolonico da appuntare nel mio taccuino delle citazioni 😉

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