#Venezia72 – Wednesday, May 9 di Vahid Jalilvand (o anche Abluka di Emin Alper, che tanto è uguale)
Non si può che prenderne atto, arrabbiarsi non serve: ci sono nazioni che decidono spontaneamente di schierarsi dalla parte del cinema drammatico preconfezionato standard, un surrogato finto-reale completamente superfluo che nasce principalmente da una cultura locale religiosa, familiare o politica che di artistico non ha niente. Nazioni come la Francia e l’Italia, ad esempio, dove, immagino, credano che il discorso sociale possa in qualche modo far breccia in anziani di sinistra, giovani senza esperienza o nonni in preda a crisi d’astinenza da telegiornale.
Ci è caduta anche la Turchia, che sembra sempre sul punto di sfondare ma poi la vedi li, lungo i bordi, ad accontentarsi di essere accettata dall’occidente. Sorprendentemente non non tutto il terzo mondo cinematografico ha scelto di giocare in serie B: la Grecia, ad esempio – anche se ormai citata solo come fanalino di coda dell’universo – no; forse ha altre malattie (il non sapersi contenere ad esempio), ma di sicuro non la mancanza di immaginazione artistica, il tentativo di essere originale o la voglia di osare.
Non so quale sia il motore trainante di questa piaga per la settima arte: Masochismo? Una visione col paraocchi di cosa possa essere il cinema? Forse il non sapere quanto possa ferire e far sognare? O come possa fare cultura sorprendendo? Perchè far spegnere gli occhi in inquadrature di un reale stranoto che è meno interessante di quello che vivono le persone che pagano il biglietto? La situazione del tuo paese è talmente critica da spingerti ad ucciderne i capi politici e religiosi annoiandoli a morte col tuo film? Ok, per me va bene ma non accanirti anche col pubblico veneziano che, povero, è pure disposto a darti dù spicci.
Anche l’Iran è una di queste nazioni perse. Porta alla Mostra uno dei tanti film ammazza-cinema visti: Wednesday, May 9.
– Teheran, un cugino invasato religioso, una madre ortodossa, un matrimonio che non si doveva fare, un ricatto per un divorzio e un premio per un aborto. Un annuncio sul giornale di un padre disperato che cerca vendetta per una vita ingrata donando più di quanto possa permettersi. Tutto in segreto ovviamente.
Ho resistito in sala per poco più di un’ora, poi l’infelicità ed il grigiore negli occhi di questo cinema piatto ha avuto la meglio. Non dico che gli argomenti raccontati si sarebbero sposati bene con chissà quale genio artistico, dico solo che niente e nessuno, nemmeno la peggior storia al mondo, merita di essere esposta così. Non si può sempre sperare nelle nuove generazioni senza esperienza per evitare di apparire banali.
Film triste, senza musica, in tutti i sensi. Penso al regista: perché prima di girarlo non si è chiesto: “La normalità ha mai fatto felice qualcuno?“. Se vado al cinema non cerco per forza l’eccesso ma mi aspetto almeno di vedere qualcosa che non conosco e che vada oltre ciò che vivo nel quotidiano. Se volessi stare seduto dieci minuti a vedere due anziani che, seduti sul divano, parlano di quello che hanno fatto i loro figli il giorno prima, allora me ne andrei a trovare una delle tante coppie di ventenni sposati che conosco. O i miei genitori di settanta, che tanto è uguale. L’arte deve superare l’immaginazione comune, deve andare oltre a ciò che ogni giorno si legge sui giornali, oltre a ciò che si vede in TV o si vede per strada. Se manca questo, se l’intento artistico si livella alla qualità del quotidiano, godere di questi film è una perversione al pari di quella che impedisce a taluni di avere una robusta erezione senza prima infilarsi completamente il piede dell’amante in bocca.
I drammoni familiari generati esclusivamente da uno stato socio-religioso che somiglia (quando non lo è esplicitamente) ad una dittatura, hanno rotto il cazzo. Iran, hai solo un’altra cartuccia: al prossimo film del genere ti metto nel cestino dei dolori passati assieme a Turchia (che c’è appena entrata), Italia e Francia. E da li in poi per me sarai più che defunto, sarà come se non fossi mai esistito. Sei avvertito, smettila di annoiare a morte.
Tornerò a bazzicare questo terzo mondo cinematografico quando uscirà un film di fantascienza/horror/trash/porno arabo. Il mondo si regge sull’equilibrio.
Wednesday, May 9 (2015) | |
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Rating: 6.7/10 (865 votes) Director: Vahid Jalilvand Writer: Vahid Jalilvand, Hossein Mahkam, Ali Zarnegar Stars: Niki Karimi, Amir Aghaee, Shahrokh Foroutanian Runtime: 102 min Rated: N/A Genre: Drama Released: 27 Oct 2015 |
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Plot: A not wealthy man publishes an ad which says near 25000$ will be donated to a needy person. His past makes whom to choose a super hard decision. |
Sei il mio predicatore preferito. Attento però a non dare degli ‘arabi’ agli iraniani e nemmeno ai turchi. Quelli ci rimangono male e hanno ancora l’arcaico concetto che su alcune cose non si possa scherzare 🙂
Arcaici
credo si indivoini tutto il film dall’espressione della tipa ritratta nell’immagine in testa al pezzo. impagabile.