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#Venezia73 – Nocturnal Animals di Tom Ford

di il 10/09/2016
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Laura Linney e Michael Shannon, rubano la scena

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le immagini didascaliche all'interno della galleria

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Tom Ford torna sette anni dopo “A Single Man”, e sembra tutto questo tempo di pausa, tra il suo esordio alla regia e questa sua seconda “conferma”, lo abbiano spinto a riflettere meglio sulla costruzione della storia. Anche in questo caso si tratta di un adattamento (dal romanzo “Tony e Susan” di Austin Wright – Ed. Adelphi).

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Nelle immagini di apertura che accompagnano i titoli di testa, ci ritroviamo di fronte a scenografie di carattere circense, donne dalle forme abbondanti, corpi segnati, corpi che rasentano il grottesco, ballano in maniera spensierata. Questo primo breve piano sequenza si allontana davvero molto dall’estetica che invece contraddistingue Tom Ford, in quanto marchio e in quanto prodotto, quasi come se volesse volutamente calcare molto la mano sul fatto che è capace di concepire “anche” immagini al di fuori della sua “comfort zone”. Solo qualche istante e scopriamo che si tratta dell’istallazione di una mostra della raffinata, ricca ed elegante gallerista Susan Morrow (una sensuale Amy Adams).
Si alternano poi scene di ostentato benessere economico e quel lusso della costa ovest, dove essere ricchi per taluni, è l’unica vita concepibile. Ed è appunto questo il caso della coppia Susan Morrow e il suo fedifrago marito Walker Morrow (Armie Hammer).
Alle scene di splendide case e spazi essenziali, si alternano vernissages e riunioni, dove Susan incontra la fauna che compone il suo gruppo di amicizie e colleghi. Vengono proposti dialoghi che vorrebbero smorzare la tensione: “Sai Susan, avere un marito gay non è poi così male”. Nello sguardo di Susan però sussiste un tormento (anzi, diversi tormenti: la precaria condizione economica di suo marito e alcuni affari che non decollano, l’infedeltà accettata quasi con rassegnazione, un primo rapporto fallito e una relazione conflittuale con i propri genitori ultra-conservatori. Standing ovation a una superba Laura Linney, che in due battute riesce a massacrare secoli di teorie e filosofeggi sul ruolo della maternità: “tutto i figli, prima o poi, diventano la loro propria madre”.
Alcuni di questi tormenti sussistono nel passato di Susan, alcuni nel presente, alcuni nella finzione. In quest’ottica comprendiamo che le intenzioni di Tom Ford risiedono nel costruire un trittico, e il fil-rouge deve essere -tra altri elementi secondari- il senso di colpa di Susan.

I tre fili che appunto mantengono in piedi i tre punti cardini della storia non fanno altro che confermare il velleitario desiderio di Tom Ford di essere considerato un regista a tutto tondo, mentre ci chiediamo se a questo secondo colpo non abbia semplicemente raggiunto la “sublimazione della fuffa”®.

Susan riceve la bozza dell’ultimo romanzo di Tony (Jake Gylenhaal), il suo primo amore, un amore che oramai appartiene al passato remoto della vita di questa coppia che si è sfilacciata ben vent’anni prima. Un amore al quale Susan ha rinunciato per una vita più agiata. Tony, un uomo che lei reputava debole, un uomo che non meritava Susan, un uomo che però, con uno scoppio di vent’anni di ritardo, si affida alla letteratura e inizia un percorso di subdola vendetta psicologica, che trascina lei e noi spettatori, in un giallo dalle tinte molto forti e disinibite. Un romanzo dove regna sovrana la rabbia di Tony, che senza un briciolo di pietà è disposto a sacrificare la vita di “Susan letteraria” e della loro “figlia letteraria”.

La finzione, la terza parte del trittico, è costruita con Tony al comando (Jake Gyllenhaal, che per il terzo film di fila recita il vedovo disperato: “Southpaw: L’Ultima Sfida”, “Demolition: Amare e Vivere” e ora “Nocturnal Animals”, chiediamo a Jake di non sposarsi più, almeno non nei prossimi film, e se consideriamo che anche ne I Segreti di Brokeback Mountain muore il suo uomo prima di lui, potremmo davvero smettere di alimentare pensieri sconci con Jake Gyllenhaal).

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Nella bozza del romanzo, Tony porta a conseguenze estreme il principio del senso di colpa che tormenta Susan. Il passato, il presente e il romanzo, intrecciati nell’insonnia di Susan, finiscono per fondersi sulle premesse di una idea univoca: il carattere ineluttabile del rimorso e dell’angoscia.

Tom Ford è bravo a confezionare immagini intrise di raffinatezza, di quel garbo che esiste solo nella cognizione narrativa della realtà, e che scompaiono nel momento dove un formidabile Michael Shannon dà un senso alla corruzione, alla scorrettezza della legge. Ed è proprio qui che vorremmo vedere Tom Ford al terzo tentativo: a sporcarsi davvero le mani, non solo a metà. Non con l’Amuchina, come fa in Nocturnal Animals.

Il momento di drammaticità più importante avviene quando scopriamo che Tony è probabilmente diventato –a differenza del protagonista sofferente del suo proprio romanzo-un uomo senza compassione. Ringrazio Tom Ford perché, se non fosse per la sua straordinaria maschera di argilla (che uso religiosamente ogni giorno), non avrei una meravigliosa pelle da far paura, e quindi, se dovesse metterci altri sette anni per il prossimo film, sicuramente non staremo seduti ad aspettare.

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