Com’è possibile, mi chiedo, che la recitazione italiana sia a questi livelli?
Arrivo e vedo che fuori della sala si è formata una coda incredibile, mi accomodo ma devo aspettare perchè il film inizierà con più di venti minuti di ritardo per presentare tutti gli intervenuti in sala (che hanno occupato ben tre file di poltrone), compreso il nipote del parrucchiere. Una pompa magna che nemmeno per la regina d’Inghilterra per poi trovarmi ad assistere ad una cosa cosa del genere?
Io Il contagio, il libro di Walter Siti da cui il film è tratto, l’ho letto e mi è anche piaciuto molto, anzi credo sia il migliore dello scrittore. In breve incrocia alcune storie di persone che vivono in uno stabile di una Roma non centrale e turistica e non certo la chic. Storie vere e maledette.
Invece, l’impressione che si ha già fin dai primissimi minuti è di una finzione imbarazzante: attori che recitano malissimo, rom che rovista nei cassonetti addobbata come una modella, caricature di personaggi che si trovano nelle fiction (e neppure quelle migliori) ma nella vita vera mai.
Tutto amalgamato senza un centimetro di profondità, anzi, non un un tocco di commedia, perché avrebbe pure l’ardire di voler sembrare serio.
Il ruolo dello scrittore affidato a Vincenzo Salemme (con tutto il rispetto eh, che in realtà non ho) è proprio il punto massimo di questo festival dell’incongruenza.
Non salvo nulla, so che parlare male del cinema italiano è fin troppo facile, sanguina da oltre quarant’anni, ma spostare cotanto carrozzone per questo prodotto non lo capisco proprio.
Meglio dare soldi a sceneggiature originali, magari giovani con un tantino più di coaggio.
Prima del film il mio timore era che fossimo ancora fermi a Pasolini, invece la realtà è che oggi come oggi la cultura italiana è molto, ma molto, più indietro. Ahimè.