Angolo del tanaka
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Cinema chiusi? Niente paura c’è: Il Cinemino della Cricchetta!

di il 07/03/2020
 

Noi della Cricchetta, invece di sciacallare come tanti altri siti web sulle notizie del #coronavirus (faccio notare che non ho in inserito il #coronavirusitalia nel titolo, proprio per non allinearmi con gli affamati del tag #COVID19 o #COVID-19, a dir si voglia), abbiamo deciso di venire incontro alle esigenze del nostro Bellissimo Pubblico Cinefilo e pubblicare la trama dei film in uscita che non si potranno vedere per la serrata imposta alle sale. Questo, senza entrare in polemica con chi ha deciso di chiudere lo sfintere pur sapendo che la scorreggia, se non è isterica, alla fine, verrà fuori comunque (faccio ancora notare il #CoronaVirusChallenge di questa triviale ma efficace metafora).

Qualcuno che non ci conosce a fondo potrebbe chiedersi: ma se non è concesso a nessuno di vederli, come fa la Cricchetta a conoscere già la trama? Semplice: noi, i film, li sappiamo.

I nostri lettori potranno così vantarsi con amici e colleghi e, grazie a qualche acuto commento che inseriremo qua e là, dimostrare a tutti che, per loro e nonostante il #VirusCorona, i cinema non si sono mai chiusi.

 

Benvenuti nel Cinemino della Cricchetta!

Sala 1

Volevo nascondermi di Giorgio Diritti (durata 120 minuti)

Dopo il mediocre biopic sulla vita di Freddie Mercury e il film in cerca d’identità sulla vita di Elton John, ecco arrivare la risposta italiana con una fiction sulla vita di Luciano Ligabue. Un bravissimo e giustamente premiato a Berlino Elio Germano (irriconoscibile con l’orecchino), dona corpo e voce a questa leggenda della canzone italiana.  Il film ripercorre i momenti salienti della vita del cantautore emiliano: i primi successi, la fama, la sua carriera come regista, come scrittore e, come si sa, il suo fallimento come pittore (il titolo, infatti, viene dalla dichiarazione che il Lucia fece dopo la stroncatura di Achille Bonito Oliva sulla sua mostra “Lambrusco, vecchietti e rock’n’roll”).

Molto toccante la scena dal barbiere quando, per un inizio di calvizie e la necessità di rinnovare, se non il repertorio, almeno il look, Ligabue deve sacrificare la celebra zazzera cui è tanto affezionato.

Giorgio Diritti, regista austero e dotato, è abile nel non cadere mai nell’agiografia o nel patetismo ma, al contrario, nel ritrarre la figura di un uomo e di un artista che, nonostante il successo, è rimasto il semplice ragazzo di provincia di un tempo.

Da segnalare il curioso cameo di Luciano Ligabue stesso, nel ruolo di Francesco Guccini.

Sala 2

Queen & Slim di Melina Matsoukas (durata 132 minuti)

La regista Melina Matsoukas, si inserisce nel filone del nuovo cinema greco (quello cui apparteneva anche Yorgos Lanthimos, per intenderci, prima che le sterline lo convincessero che Colin Farrell è un attore) e ci regala un lungo dramma su due immigrati di colore sbarcati in Grecia su un barcone.

Lei avvocato in Guinea-Bissau, lui cameriere in Kenia. In un viaggio della speranza, i due si ritrovano insieme a Lesbo e, dopo essere sfuggiti ai controlli, si rifugiano in una grotta dove, un tempo, la poetessa Lesbo soleva rifugiarsi con i suoi amori. Anche tra loro scocca la scintilla della passione e, nonostante le avversità, vivono giorni da paradiso terrestre. Ben presto, però, Queen (una convincente Jodie Turner-Smith) inizia ad avere visioni. Saffo le appare in sogno e la esorta a evirare il compagno per evitare di contaminare il sacro luogo con la sozzura maschile (αρσενικό βρωμιά, in lingua originale). Lei dapprima resiste ma una notte, come in sogno, compie ciò che la poetessa le ha ordinato. Ernest (un sempre sbigottito Daniel Kaluuya, quello di Get Out!) rischia di morire dissanguato ma un drappello di militari di ronda li trovano. Il destino dei due è drammaticamente segnato: lei finirà per fornire consigli legali gratuiti a tutto il reggimento; lui, ricucito alla bene e meglio, diventerà lo sguattero di cucina e, ormai ridotto a grasso eunuco (da qui il soprannome Slim), morirà affogato in una botte di Ouzo.

Nonostante la lunghezza un po’ eccessiva e qualche ingenuità riguardante la vita di caserma, Queen & Slim fonde abbastanza bene i temi politico sociologici dell’immigrazione clandestina, con la tragedia classica, sempre presente in ogni manifestazione artistica del popolo greco.

Sala 3

The Grudge di Nicolas Pesce (durata 94 minuti)

Fiona Landers (una mascelluta Tara Westwood) nel 2002 va con un’amica in un cinemino d’essai a vedere Ju-0n, il primo film di Takashi Shimizu in giapponese sottotitolato: si spaventa e si diverte. Un anno dopo, sempre nello stesso cinema ma con un amico col quale limona tutto il tempo, va a vedere the Grudge 2, ancora in giapponese sottotitolato. Lei dice: carino ma ‘sti capelli neri e lunghi hanno rotto i coglioni.

Salto temporale e Fiona, col fidanzato Tim (Daniel Radcliffe perché non databile) vanno a vedere il remake americano del 2004. Lei dice: ma è uguale all’altro e si diverte così così. Qualche mese dopo, sempre insieme a Tim, che nel frattempo ha sposato, va a vedere il sequel americano. Lei, scoglionata,vuole uscire a metà film ma il marito insiste per volerlo a vedere fino alla fine. Lei, rancorosa, non gliela dà per un mese.

Salto temporale. Siamo nel 2006. Seratina video tra donne a casa di un’amica. Indovinate qual è il DVD? Sì, Grudge 3! A niente servono le suppliche di Fiona. E’ costretta a sorbirselo tutto. Furiosa, prende a borsettate le amiche che, senza pensarci tanto, la pestano.

Altro salto temporale ed eccoci ai giorni nostri. Fiona è ormai vedova. Il marito è morto investito proprio sotto casa da una pallida donna giapponese. Conduce una vita solitaria e schiva. Non ha la TV e nemmeno il computer. Teme di incappare in un qualsiasi horror col fantasma dai lunghi capelli neri. Una mattina, passeggiando viene rapinata e malmenata da un borseggiatore. Quando si rialza si rende conto di essere davanti a un cinema dove proiettano il remake di The Grudge con la regia di Nicolas Pesce. In un memorabile piano sequenza, la donna, allucinata, estrae un fucile mitragliatore dalla borsa, entra in sala e fa una strage prima di togliersi la vita.

Remake del remake del film omonimo di Shimizu, questo The Grudge, oltre ad essere simpaticamente metacinematografico, ha il merito di attualizzare la maledizione del rancore non legandola più alle anime di morti rabbiosi che infestano luoghi e persone ma alla rabbia dello spettatore costretto, nelle sale, a vedere solo remake.

Horror dagli interessanti aspetti psicologici e sociologici.

Sala 4

Marie Curie di Marie Noelle (durata 95 minuti)

I nostri lettori sanno che qualsiasi film francese, salvo poche eccezioni, in più diretto da una donna, senza eccezioni, è una noia mortale che non andrebbe visto se non sotto tortura o perché la ragazza che ve l’ha imposto è Miss Universo.  Sconsigliatene a tutti la visione ma, se volete vantarvene comunque con la vostra vicina di casa che, guarda caso, è proprio Miss Universo, ecco la breve ed inesistente trama.

Marie Curie (un’irreprensibile Karolina Gruszka) è una fisica che lavora con la radioattività. Ha un’amica più bella che se la fa con il vecchio marito (Charles Berling), anche lui fisico che studia la stessa materia. Gli amanti si incontrano al buio ma lei li scopre perché il marito è fluorescente. Lei lascia il marito e vince il nobel perché ha isolato la sostanza che evidenziava le corna. E’ felice ma anche triste perché sola ma anche orgogliosa e fiera di sé per cui decide di non portare più il reggipetto. Al culmine del successo, inizierà una relazione con un trapezista di colore conosciuto in un circo.

La regista francese Marie Noelle cerca inutilmente di rendere interessante questa vicenda di corna e radioattività senza riuscirci. I silenzi e le pause che vorrebbero esprimere i tumulti interiori della protagonista generano solo sbadigli. Come sempre ci si chiede: ma perché hanno distribuito questo film? Ah già: la festa della donna.

Sala 5

Picciridda – Con i piedi nella sabbia di Paolo Licata (durata 95 minuti)

Spin-off del Commissario Montalbano, Picciridda narra la difficile infanzia di Catarella (una brava Marta Castiglia), nato ermafrodito in un piccolo villaggio di pescatori della Sicilia. L’ambiente, nell’Italia degli anni ’60, è certamente quanto di più lontano si può immaginare da una serena accettazione della diversità. I genitori cercano di tenere nascosta la peculiarità della figlia, ma un bisogno urgente di fare pipì, a scuola, rivela a tutti il suo segreto.

Inizia così il calvario della piccola Lucia (detta Picciridda), oggetto del bullismo dei compagni e della superstizione degli adulti che la identificano come figlia del diavolo. La piccola non può più frequentare la scuola e deve vivere chiusa in casa nascosta, consolata dalla nonna Maria (l’eccezionale Lucia Sardo) che le insegna ad esprimersi in dialetto e a far di conto. Diventata adolescente, decide di rinunciare alla sua parte femminile e assumere definitivamente un’identità maschile. S’imbarca per Casablanca, accompagnata dalla nonna, per sistemare chirurgicamente tutti i dettagli della trasformazione. Tornata in paese come uomo, cambia il suo nome e si fa passare per un lontano nipote. Per tutto il villaggio Lucia è annegata in mare. Alla chiamata per il servizio di leva, Agatino (il bravo Angelo Russo ringiovanito elettronicamente) fa domanda per entrare nel corpo di Polizia. Nonostante o, forse, grazie alle sue difficoltà ad esprimersi e il suo semi-analfabetismo, viene mandato a Vigata dove resterà in servizio per sempre.

Benché l’idea di fare un film drammatico sul personaggio più esilarante della serie televisiva sia suggestiva, il regista Paolo Licata non riesce ad evitare di conferire al racconto un ritmo e un taglio da piccolo schermo e manca, quindi, di personalità. Imperdibile, comunque, per tutti gli amanti del mondo creato da Andrea Camilleri.

Termina così, l’offerta cinematografica della settimana del Cinemino della Cricchetta.

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Nel caso abbiate perso altri titoli nelle scorse settimane (penso agli amici veneti, lombardi ed emiliani), potete segnalarcelo qui sotto o su Facebook e noi rimedieremo quanto prima pubblicandone la trama.

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