Per premiare la nostra unica e affezionata lettrice che ha mostrato di gradire, nonostante o forse proprio a causa della rivoluzione invisibile in corso, le nostre esclusive prime visioni, questa settimana non ci accontenteremo di recensire la paccottiglia che le case di distribuzione hanno in programma in questi giorni bizzarri. Questa settimana vi racconteremo alcuni dei bocconi più succulenti che i Ristoratori dell’Entertainment Mondiale hanno intenzione di scodellarci quando le sale riapriranno le pesanti porte a vetri.
Benvenuti di nuovo nel Cinemino della Cricchetta
Sala 1
La Vita Nascosta – HiIdden Life di Terence Malick (durata 173 minuti)
A quasi un anno di distanza dalla presentazione a Cannes, dove era candidato a tutto e non ha vinto niente, ecco il nuovo film di Terence Malick, autore mitizzato per anni, poi ridimensionato, poi smitizzato, e ora, dopo che qualcuno gli ha fatto notare che la sua filosofia cinematografica era profonda come le narici di un bimbo in cerca di caccole, passato armi e barba bianca al puro intrattenimento con il prequel di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino.
Vi ricordate l’ufficiale della Gestapo che smaschera Michael Fassbender nella cantina perché fa tre all’americana con la mano? Sì, ma non vi ricordate il nome. Ve lo dico io: Maggiore Dieter Hellstrom interpretato dall’attore tedesco August Diehl. La Vita Nascosta racconta la giovinezza di questo furbissimo soldato e della sua rapida carriera nell’esercito, prima, e nella Gestapo poi. La sua indisponente puntigliosità lo porta sempre a essere trasferito e, per evitare grane, a ogni trasferimento il suo superiore gli conferisce un grado superiore. Di gradino in gradino arriva a essere il braccio destro del Führer ma un brutto giorno, una stupida discussione sulla corretta pronuncia di Mussolini (Muzzoline, per Hitler), lo porta davanti alla corte marziale. Grazie al suo incredibile spirito di osservazione, salva l’intero tribunale militare da un attentatore suicida travestito da gerarca delle SS, riconosciuto come impostore perché il calzino bianco è di spugna e non di lana come quello d’ordinanza. Reintegrato nella Gestapo col grado di maggiore, diventerà il boia di tutti gli obiettori di coscienza.
Non si può dire che il salto di Malick nel cinema più commerciale sia riuscito. La voce fuori campo del protagonista e l’insistenza di primissimi piani su fiori, casseruole di sguincio e nuvole, non giovano alla fluidità del racconto. Buone le scene più cruente, anche se non possono competere con le sanguinarie iperboli di Tarantino. Purtroppo durano, in tutto, una manciata di minuti che, nelle quasi tre ore di film, fanno l’effetto di una margherita su una cacca di mucca.
Sala 2
Tutti pazzi per Yves di Benoît Forgeard (durata 107 minuti)
Purtroppo, anche un cinemino anarchico come il nostro deve sottostare alle esigenze dei distributori che, evidentemente, ricevono mazzette dai produttori francesi, giacché ogni settimana ci rifilano una delle loro “esilaranti” commedie.
Non vi faccio perdere molto tempo. Per la trama, vale quello che abbiamo scritto la settimana scorsa. La novità è che, l’Yves di cui tutti sono pazzi è un frigorifero intelligente, quindi ci sarà un solo agitar di braccia nelle discussioni invece che due. Tutto il resto segue il copione, tette non giovanissime comprese. Ho parlato di novità ma era solo nei confronti del plot standard. L’idea dello scontro tra intelligenza artificiale e umana, anche in chiave di commedia, è vecchia quasi come i fratelli Lumière.
Sala 3
Bloodshot di Dave Wilson (durata 109 minuti)
Esce anche in Italia il biopic americano sulla vita del nostro compianto Marco Pantani. Diciamo subito che Bloodshot (“Iniettati di sangue”, riferimento, forse ai muscoli femorali ipertrofici del campione) è un film riuscito. Merito sicuramente della regia equilibrata, rispettosa e quasi documentaristica di Dave Wilson ma, soprattutto, della splendida e sofferta interpretazione di Vin Diesel in un ruolo drammatico che lo rende già possibile candidato agli Oscar del prossimo anno. L’attore americano, per prepararsi alla parte, ha dovuto sospendere per tre mesi gli allenamenti del tronco e degli arti superiori e sottoporsi a una dieta chetogenica per meglio definire la muscolatura delle gambe. Il risultato è un’identificazione impressionante con il Pirata, al punto che si stenta quasi a riconoscerlo. Notevole anche il lavoro sull’accento americano romagnolo. Il film ripercorre le tappe della carriera di Pantani: i primi successi del 1994, l’incidente d’auto, la doppietta Giro e Tour del 1998, la sospensione. Lungo spazio è dato al periodo buio del ciclista, quello della depressione che lo condurrà alla tragica fine nel 2004. Vin Diesel affronta questo difficile ruolo con l’abilità trasformistica cui ci ha sempre abituati, fin dai tempi di Pitch Black. Da segnalare i due notevoli camei di Jason Statham, nel ruolo di Lance Armstrong e Dwayne Johnson in quello del “Kaiser” Jan Ullrich.
Sala 4
Black Widow di Cate Shortland (durata 115 minuti)
Ecco, finalmente, il tanto atteso primo documentario prodotto dai Marvel Studios e diretto dalla regista australiana Cate Shortland, nota per la sua ossessione per la Germania e la sua conversione all’ebraismo. Black Widow, com’è facile immaginare, cerca di fare giustizia delle calunnie accumulate da anni su questo simpatico, pur se letale, aracnide. Il documentario segue la vita di una femmina (il maschio, di colore arancione, è innocuo) dalla schiusa dell’uovo sino alla maturazione sessuale e all’inizio di un nuovo ciclo riproduttivo. Scopriamo che ama la vita sedentaria, che va a caccia malvolentieri e che, una volta catturata la vittima, preferisce scioglierla e succhiarla, invece che masticarla. Simpatica la parte del corteggiamento del maschio che, a volte, quando la femmina ha il mal di testa, invece che nel talamo, finisce nel suo menù. Il commento originale, scientificamente accattivante, è affidato alla calda voce di Scarlett Johansson.
Attenzione perché nella versione italiana, curata da Fiorello, il testo originale è stato attualizzato all’attuale grave situazione mondiale, con una pedagogica insistenza sull’aspetto casalingo e claustrale del ragno, come esempio da seguire per la sicurezza di tutti.
Condividiamo la scelta, anche se invitiamo caldamente il nostro pubblico a vedere di seguito la versione originale come prova evidente, se ce ne fosse bisogno, che il documentario, nella maggior parte dei casi, è solo un commento a testi che volendo, possono essere anche antitetici.
Sala 5
Tre piani di Nanni Moretti (durata 110 minuti)
Segretissimo e ufficialmente in post-produzione, Tre piani di Nanni Moretti è sicuramente il film italiano più atteso in patria e in Francia, dove il regista è molto amato perché riesce a scrivere commedie con trame diverse dallo standard che usano loro.
Moretti, dopo una lunga e, ammettiamolo, piuttosto sterile lunga parentesi, torna a vestire i panni del suo alter ego, quel Michele Apicella che tanto ci fece divertire con la sua tagliente e a volte surreale ironia, prima che Nanni si mettesse in testa di essere un grande regista. Michele, questa volta, è un giudice, esponente di Magistratura Democratica, in chiara crisi d’identità da quando Berlusconi è stato rieletto e i genitori di Renzi sono stati arrestati. E’ sposato con la collega Margherita (la sempre impeccabile Margherita Buy in uno dei suoi ruoli più riusciti: il solito). Per spostarsi nel traffico infernale della capitale usa uno scooter elettrico, spesso in compagnia della moglie. Durante una delle sue uscite s’imbatte in un pick-up parcheggiato vicino a Villa Borghese dove lo stralunato Riccardo (Riccardo Scamarcio ancora bellissimo) sta suonando ”I don’t want to miss a thing” sul pianoforte verticale montato nel cassone. (Primo episodio) Riccardo è un papà single che si guadagna da vivere come cuoco in una mensa. La sera, però, suona in una cover band degli Aerosmith e deve lasciare il figlio alla vicina. La vicina vende il figlio agli zingari di Castel Romano e simula un rapimento. Il cuoco pianista, impazzito dal dolore, decide di vendere il suo pianoforte proprio agli zingari di Castel Romano e lo sta suonando per l’ultima volta. Michele, montato anche lui sul cassone, esegue col pianista una cover stonata di Bartali di Paolo Conte e se ne va. (Secondo episodio) Alba (la sensuale Alba Rohrwacher) e Adriano (il raccomandato Adriano Giannini) sono cognati e amanti. Il marito di Alba, famoso pianista di fama internazionale, è sempre in tournée. Scoperta la tresca, il marito decide di lasciare la moglie ma, durante il trasloco del suo pianoforte a coda, le corde che lo legano alla gru si sciolgono misteriosamente e il piano crolla sui due amanti appena usciti da casa, uccidendoli. Nella scena seguente Michele è chiamato a decidere sulla colpevolezza del pianista e lo assolve. (Terzo episodio) Tornato a casa è accolto dalle note di un pianoforte. E’ Margherita che suona la sua canzone preferita: “Tanta voglia di lei” dei Pooh. Michele, inspiegabilmente, la aggredisce, accusandola di essergli stata infedele. Pentito, le chiede scusa e le prepara una cena elegante a lume di candela. Si preparano poi per andare a letto, lui col classico pigiama a righe e lei in sottoveste. Dorme e sogna di quando si sono conosciuti a Sabaudia mangiando Nutella. Si sveglia e vede le ciabatte di lei col ponpon fucsia dalla sua parte del letto. Sta per chiederle di buttarle quando si rende conto che lei non c’è. Non c’è più. E’ morta di tumore pochi mesi prima.
Il ritorno di Michele Apicella e la struttura a episodi ci avevano fatto sperare in un ritorno di Nanni Moretti ai toni più leggeri e divertenti delle prime opere. Purtroppo così non è stato. Una certa gravità senile pervade tutta l’opera e certi forzosi simbolismi psicanalitici (la gru, i Pooh, gli zingari) appesantiscono invece di approfondire. “Continuiamo così, facciamoci del male…”
Caro e affezionato pubblico, per questa settimana è tutto. Ho inserito una foto ruffiana e irresistibile nel titolo. Questa volta non avete scuse. Siete obbligati a cliccare sul cuoricino del sito o a mettere un like su Facebook e\o Twitter, altrimenti siete dei podisti senza cuore e coscienza civica.