Trofim, come è noto, è il corto che il Nostro realizzò per un film collettivo dal titolo ‘L’arrivo del treno’, pellicola commemorativa commissionata dalla ROSKOMKINO (il Comitato Statale della Federazione Russa per la Cinematografia) per il centenario della nascita della settima arte.
Il corto, si sa, è genere assai spigoloso. In tanti, quasi tutti, ci hanno naufragato. Pochissimi ne hanno fatto un capolavoro (Pasolini, ad esempio).
Bene, Balabanov in questo quarto d’ora semina tutto quello che crescerà in seguito.
C’è il colore seppia di ‘Of freaks and men’.
C’è la guerra evocata o ricordata.
C’è la telnyashka.
C’è il viaggio, il movimento.
C’è la musica (anche se è quella merda di Prokofiev e non i Nautilus)
C’è l’ammazzo.
C’è l’umanità derelitta.
E, soprattutto, c’è la poesia. L’impareggiabile capacità di essere semplice e profondo nello stesso tempo. Ironico e straziante.
Puro Balabanov.
Piccolo gioiello a orologeria.
Di cosa parla?
Non ve lo dico ma al posto della trama vi racconto una storiella mugika che è attinente.
C’è una famiglia di cavalli Orlok, fiera razza russa. Papa cavallo, mama cavallo e figlio puledrino.
Sono su una scogliera del Mar Caspio.
Papa cavallo esclama: ‘Ho un male incurabile, non posso più sopportare questa sofferenza!’ Cloppeti clop e si butta dalla scogliera.
Mama cavallo grida: ‘Che hai fatto, amore mio! Non posso vivere senza te!’ Cloppeti clop e si butta dalla scogliera.
Il puledrino piangendo grida: ‘Papa! Mama! Come faccio senza di voi?!’ Cloppeti clop e si butta dalla scogliera.
Un pescatore seduto sotto, su di uno scoglio, alza gli occhi in aria e esclama: ‘E allora?! Avete finito di buttar giù dei cavalli?’
Ecco, più o meno la storia è questa.