I ragazzi di Class Enemy sono una banda di stronzi viziati e irrispettosi, con una sensibilità talmente delicata che a paragone con loro Boy George è un camionista. Dentro di loro arde un fuoco sacro: il dovere morale di percepire l’oltraggio e l’oppressione in qualunque cagata irrilevante esca dalla bocca di chi si trova dietro la cattedra.
La loro prof va in aspettativa ed arriva un nuovo professore a sostituirla, un uomo pragmatico e rigoroso.
Avviene il fattaccio: una loro compagna, che nessuno aveva mai cagato prima, si ammazza, e questo dà il via ad una farsa patetica in cui i ragazzi sostengono che il nuovo professore, arrivato da pochi giorni, sia responsabile del fattaccio, arrivando ad accusarlo pure di pedofilia.
Il professore, nonostante i metodi freddi e bruschi, cerca un dialogo, ma gli stronzetti rispondono con reazioni indignate ed infantili, convinti di essere stati privati del loro diritto di elaborare il lutto. Il povero cristo ce la mette tutta, prova a smuoverli con Thomas Mann, con ogni tipo di confronto, cercando di mettersi in discussione il più possibile. Niente da fare, i ragazzi sono feriti nel profondo, e, anche se qualcuno non è troppo convinto, rimangono fermi nella necessità di identificarsi in opposizione ad un nemico comune. la comunicazione diventa impossibile. E la situazione insostenibile.
C’è una bellissima scena, in cui il povero professore entra in classe, e si ritrova di fronte ad un atto d’accusa molto pesante: tutti hanno indosso la maschera della morta, ma lui non si scompone, ne prende una e la indossa pure lui, innescando un cortocircuito che tramuta di senso in un solo istante l’indignazione dei ragazzi e sbatte loro in faccia tutto il peso della responsabilità di ciò che è accaduto, responsabilità che cercano disperatamente di attribuire a qualcun altro, ma che è soltanto loro, della loro indifferenza e della loro falsità.
Altri film hanno affrontato tematiche simili, “Detached” con un Adrien Brody abbastanza fuori parte e in un contesto meno credibile. Il più riuscito “Monsieur Lahnzar” L’ottimo “Entre le Murs”, l’inquietante “L’Onda”. (lasciando stare quella tristezza patriottica e paracula de “L’attimo fuggente”). Ma il film di Rok Bicek si muove su un altro piano rispetto a quelli appena citati: effettua un’analisi precisa, ha bene in mente quel che vuole raccontare. Non è un film di personaggi, di drammi personali, è piuttosto il racconto di un dramma sociale collettivo: quello del rapporto, sempre più difficile, tra insegnante e studente, della ribellione vigliacca e conformista contro una scuola che sta attraversando una forte crisi d’identità, e non ha più strumenti per poterne uscire.
L’autorità simbolica della figura dell’insegnante non esiste più, quando entra in classe, l’insegnante oggi deve combattere per conquistare credibilità e rispetto. Recalcati spiega bene lo stato delle cose in questo passo dell’ “Ora di lezione”: <<Un tempo c’era la “Scuola-Edipo”, caratterizzata dal padre-padrone, in casa come a scuola, a cui obbedire senza troppi fronzoli. Messa in discussione nel corso del decennio rivoluzionario ’68-’77, a quella di Edipo è stata però sostituita la “Scuola-Narciso”, che concentra tutte le sue attenzioni sulla figura dello studente, curato e protetto fino all’asfissia, provocando tra l’altro la rottura del rapporto docente-genitore. >> Entrambe le concezioni si sono dimostrate fallimentari. Mentre il modello della “Scuola-Edipo” ha già dato prova della sua inettitudine, Bicek, con “Class Enemy” mette in mostra i limiti della “Scuola-Narciso”. E lo fa in maniera impeccabile.
Class Enemy (2013) | |
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Rating: 7.5/10 (2,293 votes) Director: Rok Bicek Writer: Nejc Gazvoda, Rok Bicek, Janez Lapajne Stars: Igor Samobor, Natasa Barbara Gracner, Tjasa Zeleznik Runtime: 112 min Rated: N/A Genre: Drama Released: 09 Oct 2014 |
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Plot: Relations between the students and the new teacher of German are extremely tense. When one female student commits suicide, her schoolmates blame the teacher for her death. An awareness that things are not quite so black and white ... |