Tutto ciò che i piloti osservano viene filmato, tutto ciò che dicono registrato, l’interfaccia del visore, le tacche del mirino della mitragliatrice che si spostano esattamente con la convergenza degli occhi, ed ogni cosa che si può osservare, può essere colpita.
L’idea di montare un documentario utilizzando esclusivamente filmati dei piloti di elicotteri mentre pattugliano, un intuizione straordinaria.
La voce Over interviene a dare informazioni sull’organizzazione all’interno dell’abitacolo, cosa deve fare e come è addestrato a comportarsi un pilota durante un pattugliamento, gli automatismi che elabora, il protocollo che applica. Il titolo stesso si riferisce allo strano effetto prodotto dalla visione notturna: tutto è illuminato da una fonte plasmatica, una realtà molto differente da quella esterna. Le esplosioni sono ovattate, grida e caos non esistono, solo il ronzìo interno del velivolo e le voci relative alla comunicazione, monocordi, distorte, prive di inflessione, che riferiscono e stabiliscono, impartiscono direttive, confermano un abbattimento.
Ci troviamo in Afghanistan, in Iraq, In Siria, il paesaggio non cambia, figure si muovono indistinte nel silenzio, impossibile capire cosa sta facendo quell’uomo, è un terrorista che sta correndo ad attivare un ordigno, o un contadino che corre a recuperare un attrezzo? Bisogna decidere in fretta se abbatterlo o meno.
Pierre V. è un pilota d’elicottero francese, indossa binocoli che intensificano quello che è luminoso o ciò che produce calore, una visione non umana, che disorienta gli esseri umani, seguire una macchina per ore, dimenticandone scopo e ragione, concentrati solamente a non perderli di vista. Sulla terraferma decine di persone si muovono senza sapere che in quel preciso istante c’è un mirino puntato sulla loro testa, che li sta seguendo, pronto a sparare.
I piloti imparano a non credere a quello che vedono, la chiamano “la cultura del dubbio”, più vedono, meno credono a ciò che vedono, di notte hanno difficoltà a distinguere un fiume da una strada. E quello che fanno, dopo ore di esposizione a questa nuova realtà, assume anch’esso un significato distante, vago, indifferente.
Il N’Y AURA PLUS DE NUIT (THERE WILL BE NO MORE NIGHT) Éléonore Weber, 2020.