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Il regno del pianeta delle scimmie di Wes Ball

di il 07/08/2024
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AFORISMA
 

Kingdom of the Planet of the Apes (2024)
Kingdom of the Planet of the Apes poster Rating: 6.9/10 (134,488 votes)
Director: Wes Ball
Writer: Josh Friedman, Rick Jaffa, Amanda Silver
Stars: Owen Teague, Freya Allan, Kevin Durand
Runtime: 145 min
Rated: PG-13
Genre: Action, Adventure, Drama
Released: 10 May 2024
Plot: Many years after the reign of Caesar, a young ape goes on a journey that will lead him to question everything he's been taught about the past and make choices that will define a future for apes and humans alike.

 

Se siamo arrivati al quarto film dopo il reboot della mitica serie anni sessanta, tutti action-adventure robusti dopo il primo esaltante, significa che il pubblico –aprendo il portafogli– ha confermato di volerne ancora. Nuovo regista e nuovi produttori, la carrozzeria è la stessa ma il motore sotto il cofano è cambiato.

Graficamente sontuoso, in qualche immagine ricorda Il Signore degli Anelli facendo leva sull’irresistibile fascino dei mondi iper-naturali: strapiombi rocciosi, foreste vergini incontaminate e cascate alte quanto grattacieli, tutto filmato da drone quando non ricreato direttamente in CGI. Un po’ come ci hanno abituato le serie Avatar e Kong Vs Godzilla. Che poi, solo a nominarlo, non riesco a non citare quel capolavoro purissimo di Godzilla Minus One/Minus Color in bianco e nero appena uscito su Netflix.

In questo capitolo le scimmie intelligenti che parlano inglese dominano la Terra, tornata verdeggiante, da moltissimi anni. Gli uomini randagi, quasi estinti e privi di linguaggio, vivono in branchi e considerati animaletti rari. Sembra interessante, e invece no. E’ proprio qui che il regista poteva giocarsela meglio: il vero fallimento del film è nella mancanza di creatività. Al posto di scrivere una storia in cui le scimmie si comportano esattamente come gli esseri umani primitivi e gli uomini come scimmie, perché non sfruttare l’occasione per immaginare un mondo completamente trasformato dalla nuova specie dominante? Si è forse cercato di nascondere il vuoto creativo coprendosi con la parabola che vuole i primati venire di nuovo sostituiti dagli uomini tramite la selezione della specie, chiudendo un cerchio eterno? Macché, il film non accenna nemmeno a questa ipotesi scientifica, prova anzi a dirigersi verso l’irresistibile tenacia degli esseri umani, intelligenti, furbi, infidi e sempre pronti a accaparrarsi tutto, lasciando dietro solo cenere, come una sorta di piaga biblica. Evidentemente tira di più la predica domenicale di Science. Resta un fatto: che gli attori abbiamo una texture pelosa è questione di mera estetica, non è rilevante ai fini della morale e della trama. Se il centro del film sono le scimmie ma sostituendo le scimmie con esseri umani il risultato non cambia di una virgola significa che si è persa un’occasione. Sembra una favoletta disneyana molto simile al Re Leone, i giovani bricconcelli e valorosi che vogliono trasgredire le regole ed esplorare il mondo, lo scimmione cattivo che vuole il potere, il padre piegato, le difficoltà di comunicazione tra generazioni, le mamme sagge, severe e amorevoli. Rimpiango Godzilla.

Gli hater diranno che in un mondo post nucleare i centri estetici sarebbero chiusi

Come in tutti i giochi di ruolo per PlayStation, la storia del Il regno del pianeta delle scimmie, si divide in tre parti:

  1. Introduzione action al cardiopalma.
  2. Interludio in cui il protagonista forma una squadra di amici superando prove e stringendo relazioni.
  3. Finale contro il boss cattivissimo.

Che il cinema fosse stato superato a livello economico dall’industria dei videogiochi è noto, ma che si inchini anche sul versante della costruzione della storia è una novità.

In sintesi, è un giro in giostra, un muscoloso mix tra videogame e film che difficilmente annoierà, nonostante la prevedibilità delle scene e la banalità della storia. Il Regno del Pianeta delle Scimmie scorre via nella più totale indifferenza. Resta più che altro il pensiero che in Italia, una produzione del genere, ce la sogniamo, non avendo né i mezzi né la competenza per realizzare qualcosa di simile. Ripensandoci, ‘sta recensione sembra quella dell’operaio generico al bar sport che si lamenta delle decisioni dell’allenatore durante la finale dei campionati del mondo. Vabbè dai, non importa, almeno abbiamo la grande scuola dei doppiatori italiani a salvarci, quella che fa parlare le scimmie umanoidi adottando lo stesso geniale stratagemma usato per gli schiavi negri nei film anni sessanta:

Tu arrampicare vetta alta?
Tu avere visto padre?
Stagione asciuga torrente.
Noi buone piogge

 

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