“Un no non è solo una parola ma una frase completa. Non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. No significa no, la mia cliente ha detto NO! E questi ragazzi devono capire che un no significa no.
Che sia una conoscente, una fidanzata, un’amica, una lavoratrice del sesso o persino vostra moglie, no significa no. E quando qualcuno dice così, bisogna fermarsi.” Questa è l’arringa finale pronunciata dall’avvocato Deepak Sehagl (Amitabh Bachchan) durante il processo a carico delle sue tre clienti: Minal Arora (Taapsee Pannu), accusata di lesioni aggravate, tentato omicidio, induzione alla prostituzione ed estorsione; Falak Ali (Kirti Kulhari) e Andrea Tariang (Andrea Tariang), entrambe accusate di induzione alla prostituzione ed estorsione. La vittima è Rajveer Singh (Angad Bedi), ferito alla testa da una bottiglia brandita da Minal e nipote di un influente uomo politico di Delhi.
Il regista Aniruddha Roy Chowdhury sceglie per Pink una narrazione che rivela i fatti contestati poco alla volta, tecnica narrativa nella quale la consecutio temporum non è rispettata (aspettate i titoli di coda per vedere la parte dell’aggressione), concentrandosi più sull’esprimere la disperazione di queste tre ragazze che, dopo i nefasti eventi iniziali, sono ancora minacciate, fatte licenziare (Falak) e rapite/stuprate (Minal) da Rajveer Singh e i suoi amici, ostinati nel mettere le donne al loro posto (cit.) e che non si fanno scrupoli ad aggredire il padrone di casa che non le ha sfrattate.
Chowdhury mette in evidenza anche l’impotenza delle ragazze nel rivolgersi alla polizia che risponde loro che, in fondo, se la sono cercata perchè le ragazze perbene non vanno nei resort con ragazzi appena conosciuti.
Con il sequestro di Minal, l’avvocato Seghal, vicino di casa delle sventurate protagoniste, decide che non può più stare a guardare e quando un attore dello spessore di Bachchan scende in campo non ce n’è per chiunque. Infatti dà inizio a un’epica battaglia non solo legale ma di civiltà che non si vedeva, in un film, da E l’uomo creò satana di Stanley Kramer, nel quale, al centro del dibattimento processuale c’era l’evoluzione darwiniana difesa dal liberale Spencer Tracy contro il fanatismo religioso di Freddie March. In Pink, invece, l’avversario di Seghal è il procuratore Prashant Mehra, il bravo ed espressivo Piyush Mishra (Maqbool&Gangs of Wasseypur) che, con le sue faccette disgustate e i sorrisini sberleffo sta al sessismo&sciovinismo come Freddie March sta all’intolleranza religiosa. Bachchan, però, non è il progressista Spencer Tracy e si mangia tutti: sempre calmo, pacato e distinto fa a pezzi, uno alla volta, i testimoni chiavi dell’accusa, persino la comandante bugiarda della stazione di polizia di Surajkund (dove è avvenuto il fatto contestato) non viene risparmiata da Seghal. Il dibattimento ha il suoi due climax, il primo quando Falak soccombe all’accusa incessante del procuratore Mehra, le saltano i nervi ammettendo che le tre ragazze siano prostitute e che siano andate in quel maledetto resort per denaro, giusto per terminare la loro ordalia, ormai pubblica. Il secondo, invece, è quando il sempre pacato Bachchan annienta lo stronzetto Singh, che, preso dallo sciovismo va in berserk e distrugge un processo che, dopo la mendace dichiarazione di Falak, torna a favore dei ragazzi.
Bachchan si prende un buon 70% del film, in veste di eroe anti-sessista e paladino di un’innovativa concezione della donna (va tenuto a mente che Delhi è la capitale mondiale degli stupri), ma sarebbe ingeneroso dimenticarsi della tensione e commozione palbabili nei volti delle tre brave attrici e di coloro che stanno loro vicino nello spirito, inclusa un’agente di polizia che, visibilmente commossa dalla vicenda, stringe la mano dell’avvocato Seghal.
In conclusione, Pink (il cui titolo è stato scelto per enfatizzare che la notte appartiene anche alle donne) non è solo un ottimo prodotto ma, dato il contenuto, è un film dal quale è nata una campagna di sensibilizzazione della condizione femminile, al punto che la polizia del Rajasthan l’ha usato per sensibilizzare gli agenti sulla dignità e i diritti delle donne. Pink, inoltre, è stato invitato a esser proiettato nella sede delle Nazioni Unite, a New York. Pertanto lo rende un film di cui tutte e tutti noi possiamo davvero beneficiare.