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Una laurea in paraculaggine per salvare i bilanci, anche artistici: #Smile 2 di Parker Finn

di il 13/01/2025
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IL MIO VOTO


 

Praticamente, ce sta ‘na ragazzina che avvicina le unghie ai bordi de ‘na vecchia cicatrice slabbrata, tira coi polpastrelli fino ad aprisse l’addome facendo uscire budella tentacolari che se configurano a breve in un energumeno de sangue e merda con gambe depilate, minigonna de pajett e tacchi a spillo rossi. Ce sta pure un tipetto sexy a petto nudo che se tira ‘n faccia ‘na pizza in ghisa da venti chili, perdendo prima ‘r profilo der naso perfetto e poi, colpo dopo colpo, parti de cervella. Ce sta ‘n fanatico, cò ‘na serie de probblemi de pelle che non se pòsso raccontà, che prima je tocca ‘n braccio in pubblico (senza disinfettanti nei paraggi, li il vero orrore) e poi, in privato, dopo averje depositato in corridoio un paio de slip che, ar confronto, la carta iggienica de’n rinoceronte sta più pulita, je mette tutto er braccio in gola afferrandoje er core da dentro. Ce stanno colli sgozzati, demoni ballerini, corpi trascinati sull’asfarto manco fossero gomme da cancellare, occhi stappati come da bottije de prosecco, aghi ‘nfilati e strappati via male, schegge de vetro sottopelle, ‘ncidenti còr midollo esposto, abiti de pessimo gusto, omosessuali, popstar e pure ‘na madre de faimija rompi cojoni.

Insomma, ci sono tantissime immagini che provano a nascondere l’immensa paraculaggine del regista, uno che si permette di dire e fare tutto e il contrario di tutto, impunemente, sbeffeggiando lo spettatore col sorriso di chi c’ha pure raggione. Il film passa continuamente dal sogno paranoico alla realtà, permeando di dubbi il pubblico e permettendo alla storia di andare avanti, indietro, a salti, girare a vuoto, lasciare buchi di trama, balbettare e contraddirsi. No! Nun ce provà! Dico a te, caro affezionatissimo e iracondo lettore: mica gli puoi dire che non va bene o che manca di coerenza, perché già sento la solfa: “Eh! Ma in quel punto era la protagonista che immaginava tutto, mica stava veramente succedendo” o “No, in quella scena invece era lucida e la cinepresa inquadrava la realtà”. So già che, anche a mettersi cinque anni, più del tempo de ‘na laurea, sul divano ad appuntarsi per filo e per segno la moltitudine di incongruenze che fanno di questo film un horror tanto adorabile quanto scemo, il regista troverebbe una giustificazione paraculo a tutto. La verità è che, senza essere pompato all’inverosimile da schegge random, a video resterebbe solo un efebo introverso con la media del cinque e mezzo che viene promosso per pietà a fine anno. Viva dunque la bellezza, la stupidità e la creatività.

Con la pancia gonfia di mozzarella campana e il rachide deformato dal divano sfiancato, immaginavo d’aver cliccato sul solito horror usa e getta legato a filo doppio al Pizza Day settimanale, uno di quelli da vedere a velocità 1.25x, tipo Bloody Calendar o La Fattoria Maledetta (che poi manco sò completamente de serie Z) e invece mi son trovato davanti un Blockbuster ad alto budget, rifinito, uno dei film di punta della Paramount dello scorso anno. Si vede che credevano nel progetto, c’hanno investito parecchie energie ottenendo in cambio qualità tecniche d’alto bordo. Tanto lavoro, ricami estetici e ghingheri patinano una trama impalpabile, che si morde la coda girando su sé stessa, creando un vortice che, già si vede da lontano, attirerà a sé tutti gli ovvi sequel che fioriranno negli anni a venire.

In attesa del terzo episodio, visto che lo sforzo produttivo è riuscito nel miracolo di rendere il sequel di un horror migliore del primo episodio (forse l’unico caso nella storia?) e considerato che il regista ha al suo attivo solo i due Smile, si può affermare con certezza che

è nato un franchise:

unico vero obiettivo di ogni casa cinematografica sopravvissuta allo sterminio compiuto dai servizi di streaming.

Smile 2 vince la sfida degli horror mainstream usciti per halloween contro Terrifier 3, altro franchise che, ahi noi, s’è trasformato in un Final Destination qualsiasi, fraintendendo l’originalità con l’invenzione di modi inediti di far morire i protagonisti dei propri film, spezzandomi il kuore.

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